Da decenni nella valle del Panshir scorre sangue senza sosta. Qui, come ci ha detto in questa intervista il generale Giorgio Battisti, già comandante del Contingente italiano in Afghanistan della missione Isaf, i russi scatenarono ben sette offensive – tutte puntualmente respinte – contro il Leone del Panshir, il generale Massoud, ucciso poi a tradimento dai talebani, di cui era fiero nemico, due giorni prima degli attentati alle Torri Gemelle.
Adesso si rinnova lo stesso scenario. Nel Panshir si sono rifugiati, ci ha detto ancora il generale Battisti, diverse migliaia di soldati rimasti fedeli al governo afghano, guidati dal vicepresidente della Repubblica travolta dai talebani, Amrullah Saleh, e dal figlio del Leone del Panshir, Ahmad Massoud. “È una valle difficilissima da percorrere, montagnosa e stretta, abitata da una popolazione fiera, disposta a tutto per difendere la propria libertà. Il problema maggiore è che nessun paese sta sostenendo Massoud e quindi, intrappolati nella valle con i talebani che li circondano, prima o poi finiranno gli armamenti”.
Lei è stato più volte in Afghanistan, con il ruolo di primo comandante del Contingente italiano della missione Isaf e poi ancora con altri incarichi. Conosce direttamente la valle del Panshir?
Non sono stato all’interno, mi sono fermato all’ingresso, ma la conosco molto bene avendola studiata nei dettagli e sorvolata dall’alto. È un territorio difficile da percorrere, si trova a nord-est di Kabul, a circa 60 chilometri, è lunga circa 130 chilometri con una ventina di piccole valli laterali.
È l’unico territorio dell’Afghanistan che non si è mai arreso ai talebani.
Non si è mai arreso a nessuno. I russi hanno lanciato contro il Panshir ben sette offensive con il loro molto ben organizzato esercito e sono sempre stati respinti. È abitata prevalentemente da una popolazione tagika, molto fiera, che ha sempre tenuto alla propria indipendenza. Da qui viene il famoso comandante Massoud, soprannominato il Leone del Panshir, ucciso dai terroristi di Al Qaeda due giorni prima degli attentati alle Torri Gemelle. E qui adesso è presente il figlio, Ahmad Massoud, che ha preso in mano il ruolo del padre come leader della ribellione contro i talebani.
Insieme a lui c’è anche il vice presidente afghano Amrullah Saleh, che a differenza del presidente non è fuggito. Che ruolo riveste?
Su di lui va detta una cosa interessante. Nella Costituzione dello Stato afghano in vigore fino all’arrivo dei talebani era previsto un articolo che affermava che, qualora il presidente della Repubblica in carica non avesse più potuto per vari motivi esercitare il proprio ruolo, allora le funzioni di presidente sarebbero state ricoperte dal vicepresidente. Quindi Saleh formalmente, in questo momento e fino a quando non verrà catturato, non si arrenderà o verrà eliminato, è il presidente ad interim della Repubblica islamica dell’Afghanistan.
Questo spiega la volontà dei talebani di distruggere la resistenza nel Panshir?
A tal proposito ci sono diverse comunicazioni dei talebani nelle ultime ore. In questi ultimi anni hanno imparato a sfruttare la tecnologia occidentale per la propria propaganda, ciò spiega narrativa e comunicazioni che riportano come il Panshir sia stato da loro completamente occupato.
Quanto sono realistiche queste notizie?
Sembra che effettivamente siano riusciti a occupare Bazarak, la capitale del Panshir, che si trova a circa 35 chilometri dall’ingresso della valle. Restano però ancora un centinaio di chilometri lungo i quali i guerriglieri di Massoud possono ritirarsi sulle montagne. C’è una sola strada molto difficile da percorrere che si snoda per questa valle e i guerriglieri sono ancora asserragliati, così possono combattere.
Quanti combattenti saranno?
Sono alcune migliaia, forze dell’esercito e di polizia del precedente governo che sono riusciti a trovare riparo nella valle.
Quanto potranno resistere prima di finire munizioni e armamenti?
Questo è il problema. Rispetto a 25 anni fa, quando c’era il Leone del Panshir che riceveva rifornimenti provenienti dalla Russia, dall’Iran e dalla Francia, i sostenitori della resistenza contro i talebani, questa volta la situazione generale dell’Afghanistan e dei paesi confinanti è cambiata.
Adesso infatti nessuno li sostiene…
La Russia dal punto di vista diplomatico ha già espresso una certa apertura nei confronti del talebani, così anche l’Iran. Il problema dei rifornimenti militari, dei viveri e degli aiuti umanitari quindi esiste. Bisogna dire che quando sono arrivati nel Panshir, i combattenti di Massoud hanno portato rifornimenti, ma indubbiamente è già una settimana che combattono duramente. Non sappiamo che disponibilità abbiano ancora a disposizione.
Sarà un bagno di sangue?
Gli abitanti della valle hanno un forte spirito di indipendenza e ogni famiglia ha almeno un fucile in casa, chi non ha il fucile in Afghanistan non è considerato un uomo. Certamente i talebani possono utilizzare le armi lasciate dagli americani. Oltre ai talebani, poi, sembra ci siano nazioni che stanno supportando l’offensiva dei talebani con droni e forze speciali.
I pakistani?
Qualcuno dice così, ma non sono in grado di confermarlo.
Massoud nelle scorse ore ha lanciato un appello al popolo afghano, chiedendo che si ribelli: è un appello senza speranze, secondo lei?
Ritengo che per il momento sia ancora presto per assistere a una eventuale ribellione. La popolazione afghana è suddivisa in almeno dieci etnie diverse, che non sempre vanno d’accordo tra loro. Non si può dire chi potrà raccogliere questo appello, forse le popolazioni del nord, quelle di etnia tagika o uzbeka, che in passato hanno sempre contrastato i talebani. Al momento sono tutti ancora scioccati e sorpresi da quello che è successo e stanno aspettando di vederne gli sviluppi. Magari fra qualche tempo, se i talebani cercheranno di imporre il regime di venti anni fa, si potrebbe accendere qualche rivolta. Qualche segnale di contestazione non armata da parte delle donne si è vista a Kabul e in altre città, ed è un fatto davvero sorprendente per un paese come l’Afghanistan. Questo significa che la presenza occidentale non è stata inutile, perché quanto meno ha mostrato modelli di vita sociale da cui i giovani e le giovane dell’Afghanistan potranno trarre spunti per combattere in difesa dei propri diritti e della propria libertà.
In sostanza, lei che è un militare di lunga carriera, che possibilità concede ai guerriglieri di Massoud?
Penso che faranno come faceva il padre: si ritireranno nelle valli laterali e in profondità, colpendo di sorpresa. Almeno fino a quando avranno rifornimenti. Ritengo che poi cercheranno di non soccombere sino a ottobre, quando comincerà a nevicare e la valle diventerà sempre più impraticabile.
E i talebani?
Cercheranno di sfruttare la propaganda mediatica che ha agevolato la riconquista in due mesi del paese. Il loro obbiettivo è vincere il 9 o l’11 settembre, due ricorrenze che hanno un valore mediatico a livello mondiale. Così potrebbero dire che dopo vent’anni hanno riconquistato il paese.
(Paolo Vites)
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