L’Africa prosegue nel processo di deoccidentalizzazione. Le scelte dei vari governi di interrompere i rapporti diplomatici e cacciare dal proprio territorio gli ambasciatori europei hanno reso ancora più evidente la tendenza iniziata già da qualche tempo. L’uscita delle potenze coloniali dai Paesi africani non sempre però è una buona notizia: infatti, negli “spazi di potere” che si sono venuti a creare, si sono inseriti Russia, Turchia, Emirati Arabi e Cina. L’Europa, come sottolinea “Domani”, deve ripensare globalmente la sua strategia per attuare un approccio non colonizzatore in Africa.



Lo scorso 7 aprile, è stato il governo del Ciad a ordinare a Gordon Kricke, ambasciatore tedesco a N’Djamena, di abbandonare il Paese per “atteggiamento scortese e mancato rispetto degli usi diplomatici”. La decisione è arrivata, come confermato anche da Reuters, dopo le critiche che Kricke aveva rivolto all’esecutivo per i ritardi nell’indizione delle elezioni in seguito al colpo di Stato, dopo l’uccisione del presidente Deby. La Germania, dopo due giorni, ha rilasciato una nota: “Abbiamo convocato oggi l’ambasciatore ciadiano a Berlino, Mariam Ali Moussa e invitato a lasciare la Germania entro 48 ore”.



Africa, ambasciatori allontanati

Quello del Ciad è solo uno dei tanti casi di rivolta dei governi e di allontanamento degli ambasciatori europei in Africa. Era successo anche in Mali, nel gennaio del 2022, al culmine della seconda liberazione dalla Francia. Qui, il colonnello 37enne Assim Goita aveva dato a Joel Meyer, ambasciatore, 72 ore di tempo per lasciare il Paese. Anche in questo caso, a far scoppiare il caos era stata una dichiarazione rilasciata dal ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian, che parlando del governo militare maliano lo aveva definito “fuori controllo”. Pochi giorni dopo, il Paese aveva chiesto alla Francia di accelerare l’uscita.



Un anno dopo è toccato al Burkina Faso. Il governo golpista ha chiesto al francese Luc Hallade di lasciare il Paese perché non era più un “interlocutore affidabile” per loro. Le tensioni tra la Francia e il Paese africano erano cominciate a luglio dopo che l’ambasciatore Hallade aveva scritto ai deputati francesi che in Burkina Faso era in atto una “vera e propria guerra civile” e che “parte della popolazione si ribella allo Stato e cerca di rovesciarlo”.