La premessa è d’obbligo prima di addentrarci nel pensiero di Giorgio Agamben, filosofo da sempre nell’alveo della sinistra ma salito agli onori della cronaca dopo le sue posizioni “controcorrente” (assieme a Massimo Cacciari) sull’obbligo dei vaccini: paragonare la situazione di oggi al periodo delle dittature nazifasciste o sovietiche, non è mai un esercizio “simpatico”. Chi tra i no-vax ritiene che il Green Pass possa essere assimilabile alla stella gialla degli ebrei, non rende giustizia storica ad uno dei drammi più odiosi de Novecento come le leggi razziali: di contro però, discutere – come fa Agamben – del “mescolamento” tra politica e scienza che troppo spesso è stato fatto lungo l’intera emergenza pandemica, può essere un utile “contrappunto” alla ‘dottrina’ ufficiale che vede nella scienza l’unica vera soluzione al dramma del Covid-19.



Spesso per giustificare i decreti Covid, i Dpcm del passato e ora le norme sul Green Pass, sottolinea il filosofo oggi su “La Stampa”, si espone come la politica sia «governata dalle ragioni scientifiche». Ecco, il nodo tra scienza e politica deve rimanere molto ben evidenziato secondo Agamben: «quando Mussolini decise di introdurre le leggi razziali in Italia, si preoccupò di dare a essere una legittimazione e un fondamento scientifico». Non si può dimenticare in fatti in quel drammatico 5 settembre 1938, giorno del Decreto sulle leggi razziali in Italia, il manifesto uscito qualche mese prima siglato da 10 illustri scienziati dell’epoca dove si esprimeva con assoluta “scientificità” che gli ebrei non rappresentavano «la pura razza italiana».



I RISCHI NEL “CONFONDERE” SCIENZA E POLITICA

Chiaro, il paragone regge solo come paradosso e monito per capire la pericolosità di legare a doppio filo la politica alle “ragioni scientifiche”, specie quando essere vengono utilizzate come mera scusante per aberranti decisioni prese dai politici (come avvenne sotto il fascismo). Oggi non ci sono dittature sanitarie a livello politico, sebbene esista una certa quale “insofferenza” dell’opinione pubblica e dei media contro chi semplicemente non è allineato alla “dottrina” pro-vaccini. Agamben sottolinea il rischio di fondare la politica solo su basi “scientifiche”, ma anche l’unire competenza scientifica ed etica come sempre concordi. «Se la salute diventa l’oggetto di una politica statuale trasformata in biopolitica, allora essa cessa di essere qualcosa che riguarda innanzitutto la libera decisione di ciascun individuo e diventa un obbligo da adempire a qualsiasi prezzo, non importa quanto alto», spiega il pensatore nel suo lungo editoriale su “La Stampa”. Ha ragione il filosofo quando considera un rischio il prendere – a prescindere – decisioni e ragionamenti in maniera del tutto a-critica, specie su vicende cruciali come la salute pubblica e la libertà durante una pandemia sanitaria. «Diritto e medicina non devono per forza coincidere», dato che quando si tocca la vita e la dignità di una persona occorre avere 100mila occhi attenti in più e non dare nulla per scontato o per “giusto” solo perché la maggioranza la pensa così. Significa dire che allora il Green Pass non serve e il vaccino è fatto per inoculare il 5G? Ecco no, affatto: ma tanto Agamben quanto, se ci pensiamo, ognuno di noi nel proprio intimo, ha a cuore il futuro delle proprie libertà e della propria salute. E allora affidarsi ciecamente senza nemmeno discuterne a provvedimenti “scientifici” che limitino libertà degli individui, porta con sé il rischio – non la certezza – di un «pretesto ideale per un controllo senza precedenti la vita sociale» (Agamben, ndr).

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