Per la seconda volta la Cassazione si è pronunciata in merito ai compensi da corrispondere ai professionisti del settore immobiliare: non sempre è corretto corrispondere agli agenti immobiliari la commissione a fronte di una compravendita. Per la suprema Corte, dipende tutto da quando viene chiuso l’accordo. La sentenza 9612/23 pubblicata l’11 aprile scorso della seconda sezione civile è la seconda in ordine cronologico dal febbraio scorso: già infatti la sentenza numero 3165 del 2 febbraio 2023 aveva dichiarato che non bastava il nesso di causalità dovuto alla conoscenza tra il venditore e il compratore affinché possa ritenersi concluso l’affare.



Agenti immobiliari: cosa dice la sentenza dell’11 aprile 2023

Con la sentenza di aprile invece la Corte di Cassazione stigmatizza ancora di più il concetto secondo cui la conclusione dell’affare che comporta il relativo pagamento del compenso indicato nel contratto di mediazione, è strettamente connesso alla conclusione dell’affare cioè all’ex articolo 1755 del codice civile.
È opinione comune infatti che se un’agenzia immobiliare mette in contatto un venditore ed un compratore, il compenso si debba corrispondere anche nel caso in cui l’affare venga concluso oltre i termini indicati dal contratto.



Ma la Cassazione ha le idee molto più chiare in merito a questo e con la sentenza dell’11 aprile ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse sbagliato a confermare il decreto ingiuntivo di 4.800 euro che l’agenzia immobiliare aveva ottenuto dal compratore. Secondo la clausola numero 4 è importante il momento in cui la provvigione viene maturata in favore della società.

Agenti immobiliari: quando il contratto è nullo

Secondo i giudici l’accordo deve essere considerato nullo per nullità parziale di protezione ex articolo 36 comma 1 del decreto legislativo 206/05.

Quindi la clausola del contratto che attribuisce all’agenzia immobiliare il diritto al compenso anche nel caso di mancata conclusione dell’affare per un fatto imputabile al venditore, deve essere considerata nulla. Nella fattispecie non erano stati stabiliti i meccanismi di pagamento entro i termini stabiliti per il perfezionamento del negozio: in questo senso il contratto non può dirsi concluso e l’accordo non può dirsi perfezionato.



Tanto è bastato per la Cassazione a dare ragione al compratore: del resto già la Corte europea della direttiva 93/13/cee all’articolo 3, poi conflitto nell’articolo 33 comma 1 del codice del consumo indica il significativo squilibrio a danno del consumatore che deve essere valutata attraverso un’analisi delle norme applicabili poiché è assente un accordo tra le parti. Se dunque l’aspetto riguardante le modalità di pagamento e il perfezionamento dell’importo dovuto ,non trovavano spazio negli accordi precedentemente stabiliti, il negozio non si può intendere come perfezionato visto che la soddisfazione di una parte deve coincidere con la compensazione dell’altra.