L’agguato in Sud Sudan al quale è incredibilmente sopravvissuto padre Christian Carlassare, vescovo vicentino, ha scosso l’intero universo cattolico (e non solo). Oggi, sulle colonne de “Il Corriere della Sera”, campeggiano le prime parole pronunciate dal religioso dopo l’attentato, raccolte dal giornalista Pier Luigi Vercesi: Per miracolo un giovane volontario aveva appena scoperto di avere il mio stesso sangue, A Rh-negativo, raro e introvabile in Africa. Senza la sua donazione non so se ce l’avrei fatta a salvarmi”.



Secondo quanto battuto da alcune agenzie di stampa, sarebbero stati arrestati il coordinatore della diocesi, padre John Mathiang, e altri sacerdoti, sospettati di essere i mandanti di questa folle aggressione: “Nessuno mi hanno detto nulla – ha replicato padre Carlassare –. È normale che indaghino anche negli ambienti della Chiesa, ma non correrei troppo, lasciamo che le autorità facciano le loro indagini. Io posso solo perdonare. Se emergerà qualcosa di sgradevole, servirà a rinsaldare la mia comunità. Se volevano intimidirmi, hanno ottenuto l’effetto contrario”.



PADRE CARLASSARE: “NON HO RICONOSCIUTO I MIEI AGGRESSORI”

Padre Carlassare ha poi ripercorso su “Il Corriere della Sera” il momento dell’attentato: “Quando hanno forzato la mia porta, sono uscito e ho cercato di farli ragionare, di capire quali ragioni li spingessero a un atto così violento. Loro però sfuggivano alle mie parole, non hanno aperto bocca, hanno solo fatto fuoco con i kalashnikov. Erano due giovani e non li avevo mai visti. Non volevano colpire me come persona, questo è chiaro, miravano al ruolo che ricopro”. In quei frangenti drammatici, il vescovo ha pensato al peggio:Ero certo che mi avrebbero ammazzato. Ho pensato solo: così sia, sono pronto. La mia vita è data. Per un istante ho calcolato se vi fosse una via di fuga. Hanno esploso i colpi, sei o sette, e quattro mi hanno raggiunto alle gambe. Quando ero già a terra credo mi abbiano colpito alla testa”. Incredibilmente, padre Carlassare è rimasto vigile, “solo non mi usciva la voce. Sono riuscito a parlare solo quando sono arrivati i seminaristi, loro mi hanno raccolto da terra e mi hanno portato all’ospedale del Cuamm. Quando ho accettato la nomina a vescovo sapevo di poter correre qualche rischio, ma l’idea di poter essere vittima di un agguato premeditato non mi ha mai sfiorato”.

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