Gentile Direttore,

in questi giorni leggevo su una importante rivista di settore un’efficace descrizione di come generalmente i diversi media nazionali raccontano di agricoltura, aggiungo io, nelle sue varie sfaccettature: produzione agricola, settore agrochimico, agroalimentare. Scriveva il direttore della rivista che il primo modo è quello di riportare le truffe vere o presunte: “vengono descritti con dovizia di particolari e di immagini i sequestri di merce contraffatta, adulterata o non regolarmente etichettata, sottolineando la necessità di maggiori controlli. E su questo non c’è nulla da obiettare”.
Il secondo modo è quello di rappresentare il settore primario “non come un settore economico che deve dare da vivere a chi lo esercita, ma come una sorta di eden in cui agricoltori che sembrano usciti da una favola accarezzano le loro galline, fanno i biscotti in casa e mettono la frutta appena raccolta in belle ceste con un ordine quasi artistico. Questa visione bucolica veicola un’immagine del mondo agricolo che non c’è e non c’è mai stata. L’agricoltura è impegno, competenza e anche fatica. Curare l’orto è una bellissima attività, ma non sono gli orti a sfamare (pur con qualche difficoltà) il mondo”.



Il terzo modo sono le fake news e qui il direttore di quella rivista citava una puntata della trasmissione Report su Rai3 che metteva sotto accusa la coltivazione delle nocciole nella Tuscia. Ma su questo terzo punto ci si potrebbe sbizzarrire e senza andare troppo indietro nel tempo, basti ricordare gli articoli/trasmissioni sul glifosate (non glifosato!), sull’olio di palma e, ampliando lo scenario, su tutte le informazioni sull’agricoltura biologica e biodinamica.



Però c’è un altro aspetto del settore agricolo che negli ultimi mesi è stato sovente oggetto di discussione e fortemente criticato ed è quello del suo apporto al cambiamento climatico, arrivando a volte a invocare il ritorno “ad un’agricoltura del passato”. Senza entrare in specifiche troppo tecniche (piante C3, C4, CAM), è sufficiente rammentare la definizione di fotosintesi clorofilliana che tutti noi abbiamo imparato alle elementari: “è un processo che permette alle piante di trasformare la linfa grezza in nutrimento, assorbendo CO2 dall’aria e immettendo ossigeno. La fotosintesi avviene unicamente di giorno: durante la notte le piante respirano come noi emettendo CO2”.



In particolare, circa il 50% di CO2 presente nell’atmosfera è assorbita dall’agricoltura (Zeng et al.,2014) e solo il 12% di quanto ha in precedenza assorbito viene rimesso in circolazione dal settore agro-zootecnico. Giova anche ricordare che la biomassa vegetale globale è aumentata del 31% dal 1900 a oggi per effetto degli aumenti dei livelli atmosferici di CO2 (Campbell et al., 2017).

Quindi l’agricoltura non solo è la fonte essenziale per il sostentamento dell’uomo, ma può rivestire un ruolo fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici, anche, altro esempio, sequestrando il carbonio nel suolo (carbon farming) attraverso l’utilizzo di pratiche agronomiche specifiche, come l’impiego di colture di copertura (cover crops).

Da presunto problema il settore agricolo può diventare un’opportunità per migliorare il benessere della popolazione, riducendo la pressione climatica e incrementando la biodiversità.

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