Sono le New genomic techniques o se si vuole le Tecniche di evoluzione assistita. E la Commissione europea le vuole regolamentare introducendo la possibilità di modifiche diverse rispetto a quelle dei “tradizionali” Ogm, gli organismi geneticamente modificati. Una proposta che sta facendo discutere. E che vede l’opposizione di ambientalisti e anche una parte di produttori agricoli, ma che apre nuove prospettive in agricoltura, con piante modificate grazie al Dna di varietà della stessa pianta. Quello che prima si faceva attraverso la tecnica dell’incrocio, osserva Paolo Sckokai, professore di economia agroalimentare nell’Università Cattolica, ora si fa con il trasferimento del Dna all’interno della stessa specie. Un aspetto che garantisce sulla sicurezza del prodotto. Ma che gli oppositori del provvedimento Ue mettono in discussione, anche perché l’uso di queste tecniche potrebbe non essere riportato in etichetta.
Professore, cosa sono le tecniche di evoluzione assistita in agricoltura che l’Unione Europea vuole regolamentare?
La Ue vuole distinguere la normativa di quelli che da un po’ di anni chiamiamo Ogm da nuovi organismi ottenuti con tecniche diverse.
Non si tratta, quindi, di nuove categorie di Ogm, ma di due cose diverse?
Sì, sono due cose diverse. Gli Ogm sono stati messi a punto introducendo nelle specie vegetali il Dna di batteri, funghi, organismi molto diversi dalle piante che si volevano migliorare. Ed è l’aspetto che creava qualche preoccupazione. Quello che si faceva prima, quindi, era introdurre Dna estraneo, proveniente da organismi diversi, all’interno delle piante, per migliorarne alcune caratteristiche, la maggior parte legate alla resistenza alle malattie, con ricadute positive nell’uso di pesticidi, mentre altre erano relative alle caratteristiche nutrizionali. Un Ogm molto famoso è il cosiddetto golden rice, un riso arricchito di vitamine. Un aspetto importante, visto che il riso è alla base dell’alimentazione dei Paesi più popolosi al mondo.
Rispetto a questi prodotti qual è la novità adesso?
Oggi si possono fare manipolazioni genetiche più fini, usando il Dna di varietà della stessa pianta. Ad esempio, varietà selvatiche rispetto ad altre coltivate. La vite ha un problema enorme legato agli attacchi dei funghi, che costringe i viticoltori a utilizzare prodotti chimici. Ora è possibile introdurre un gene di resistenza ai funghi prendendolo da una varietà selvatica della vite stessa, anziché, appunto, da un batterio o comunque usando un Dna esterno. Queste sono le cosiddette Tea, tecniche di evoluzione assistita. Essendo la manipolazione genetica dentro la stessa specie il Dna è più compatibile e quindi tutti i rischi legati alla presenza di un Dna estraneo in un organismo dovrebbero essere drasticamente ridotti. La Ue ha iniziato un percorso per distinguere le due modalità.
Ma con queste nuove tecniche si corrono rischi? Chi critica la proposta Ue parla anche di problemi legati alla tracciabilità e all’etichettatura perché non sarebbe prevista l’indicazione dell’uso delle Tea. È un’osservazione condivisibile?
Secondo la normativa del 2003 quando gli Ogm sono presenti negli alimenti, sia per gli animali che per gli uomini, deve essere scritto sull’etichetta, mentre le regole riguardanti questi nuovi organismi potrebbero essere diverse. Stiamo parlando, comunque, di una bozza di regolamento, di una proposta. Quando si scrive Ogm sull’etichetta siamo di fronte a una classica etichettatura negativa, analoga, anche se meno drammatica, a quella delle sigarette, dove c’è scritto che il fumo uccide. Si trasmette implicitamente il messaggio: “Stai attento perché potrebbe farti male”. Se non c’è l’obbligo di etichettatura si dice che essendo ottenuti con Dna della stessa specie, quindi accelerando soltanto quello che prima si faceva con gli incroci, non ci sono problemi.
Secondo lei è giusto che non compaia niente sull’etichetta?
Io sono per l’etichettatura positiva, il biologico ha un’etichettatura che mette in evidenza la certificazione di aver seguito certe regole. Se i consumatori sono disponibili a pagare un prezzo più alto per un prodotto che ha queste caratteristiche, il mercato del biologico si deve basare su quello.
La bozza ha avuto reazioni negative da parte degli ambientalisti e da parte di agricoltori biologici. Ragioni comprensibili?
Personalmente penso che si voglia alzare una barriera ideologica nei confronti di tecniche genetiche di miglioramento basate su novità scientifiche di cui sicuramente, come sempre, bisogna valutare gli eventuali rischi, ma la storia ci insegna che il miglioramento all’interno della stessa specie è quello che ci ha consentito di avere un frumento o un riso che rendono il triplo: si sono fatti degli incroci, costruendo genomi diversi. Il fatto che si applichi una tecnica di trasferimento del Dna invece che un incrocio ma che lo si faccia all’interno della stessa specie fa una differenza enorme rispetto a prima. Le preoccupazioni non sono giustificate, pur di fronte a interessi legittimi delle singole parti.
Questa “deregulation” dell’Ue è migliorabile?
Non lo so, bisognerebbe studiare a fondo un testo che deve essere approfondito. Credo che dare una corretta informazione ai consumatori sia un principio sacrosanto, ma questo non vuol dire indurre paure non giustificate. Certe battaglie su questi temi hanno indotto, invece che informazioni corrette, la creazione di paure ingiustificate, anche per la storia degli Ogm degli ultimi vent’anni. Non c’è un’evidenza scientifica chiara di nessun genere che questi prodotti facciano male alla salute, alla luce di questo non si capisce perché si debba avere paura del cibo prodotto in quel modo.
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