Il settore agricolo italiano chiede alla politica un intervento urgente e preciso. Emerge dalle interlocuzioni avute nei giorni scorsi dai vertici di Cia-Agricoltori Italiani e Coldiretti con la neo ministra del Lavoro, Marina Calderone. Sotto la lente delle associazioni c’è soprattutto la mancanza di manodopera per i raccolti, un problema che si sta facendo sempre più gravoso per il comparto. E che richiede provvedimenti ad hoc.
CIA invoca l’adozione di politiche che consentano maggiore semplificazione e flessibilità del lavoro stagionale, così da consentire a giovani, pensionati e percettori di Reddito di cittadinanza di integrare i loro proventi con il lavoro occasionale in agricoltura, senza oneri eccessivi per le imprese. “È importante ribadire – aggiunge CIA – che, in passato, strumenti come i voucher non abbiano mai sostituito i contratti tradizionali in agricoltura. Ne è riprova il trend delle assunzioni, che nel settore è sempre stato positivo”.
E dello stesso avviso è anche Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti: “Semplificare le procedure di reperimento della forza lavoro nei campi è importante e tornare ai voucher può rappresentare una opportunità per non lasciare le produzioni nei campi”.
Ma non solo. I rappresentanti delle due associazioni sottolineano anche la necessità di agire sul fronte dell’immigrazione. CIA chiede l’approvazione del Decreto flussi che “consentirebbe l’assunzione di 130 mila lavoratori, un’ampia quota dei quali deve essere riservata agli agricoli”. E punta anche il dito contro le lungaggini nello sblocco delle pratiche relative al 2021: occorre infatti ricordare – ammonisce la stessa confederazione – che nel nostro Paese la manodopera straniera rappresenta stabilmente un terzo (29,3%) della forza lavoro complessiva del settore.
Un vero e proprio esercito che, secondo Coldiretti, oggi è composto da ben 360mila stranieri impiegati regolarmente in agricoltura e che fornisce il 30% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore. “Questi lavoratori – ha dichiarato Prandini all’Ansa – contribuiscono in modo strutturale e determinante all’economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo”.
Occorre, quindi, offrire loro un ambito di lavoro tutelato e protetto. Occorre, insomma, impegnarsi per “la sicurezza sul lavoro e la legalità – dice Prandini – così da combattere inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano una ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell’attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale”.
Un punto che purtroppo lascia ancora parecchi fianchi scoperti. CIA ritiene infatti che la parte preventiva della legge 199/2016 sul caporalato stenti ancora a decollare: mancano – secondo l’associazione – le convenzioni per trasporto e alloggio dei lavoratori. Senza contare che la Rete del Lavoro Agricolo di Qualità non può funzionare senza un sistema efficace di premialità per le aziende.
Ma è necessario anche per ridurre al minimo il numero degli incidenti agricoli: sono necessari – mota ancora CIA – incentivi per l’acquisto di dispositivi di protezione, oltre a quelli per il rinnovamento delle infrastrutture produttive, che accusano un’età media superiore ai i 26 anni, in modo da permettere la sostituzione di trattori, attrezzature e macchine per trasformazione dei prodotti agricoli con mezzi più moderni, tecnologici e a bassa emissione CO2.
Infine, deve essere considerato anche il tema delle pensioni. “Nonostante l’Italia sia uno dei Paesi più agricoli dell’Ue – osserva il presidente di CIA, Cristiano Fini -, sono fra le più basse e i nostri pensionati, che tendono a restare nelle zone rurali dove il welfare è deficitario rispetto alle aree urbane, non hanno i mezzi per accedere ai servizi minimi essenziali e far fronte alle necessarie prestazioni sanitarie. Bisogna dunque aumentare le quote minime, che riguardano una platea di oltre 1,7 milioni di anziani, di cui un terzo sono ex agricoltori. Dai 400 euro attuali, in media, si dovrebbe arrivare a 780 euro mensili per adeguarsi a tutti i parametri previsti dalle norme nazionali ed europee sui livelli di povertà”.
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