Il sistema agricolo europeo e italiano sta vivendo un periodo di intensa trasformazione sotto la spinta di numerosi fattori. Oltre agli effetti indotti dai cambiamenti climatici, sono coinvolte scelte strategiche definite sia a livello globale (per esempio, i Sustainable Development Goals) che a livello europeo (per esempio, Green Deal, strategia Farm to Fork, riforma della Pac), e che si riflettono sia sulle scelte imprenditoriali dei singoli agricoltori, sia sulla produttività dei sistemi agricoli.



La recente escalation bellica in Ucraina costituisce un ulteriore significativo elemento di criticità, in particolare per i sistemi colturali e le relative filiere maggiormente interessate dagli scambi commerciali con i paesi coinvolti nel conflitto.

In un contesto così complesso risulta fondamentale assicurare un’elevata produttività delle colture, garantendo allo stesso tempo la sostenibilità ambientale ed economica dei sistemi agricoli, non cadendo negli schemi delle diverse ideologie, come testimonia la recente vicenda dello Sri Lanka.



Lo Sri Lanka è un paese dove, alla crisi finanziaria degli ultimi anni, si è aggiunta quella economica, iniziata con la pandemia, che ha azzerato il flusso turistico, ed è proseguita con l’obbligo imposto dal presidente Gotabaya Rajapaksa di convertire tutta l’agricoltura a biologico.

Quest’ultima decisione ha portato al blocco delle importazioni di fertilizzanti di sintesi e ha impedito l’utilizzo di fitofarmaci per la protezione dei raccolti, facendo così crollare le produzioni agricole (in generale il “biologico” comporta riduzioni delle rese che variano dal 20% al 75% a seconda delle colture).



Alla base di questo provvedimento c’è anche il contributo dell’attivista ambientale Vandana Shiva, che è contraria all’uso dei prodotti di sintesi e ha elogiato la decisione del governo: “Questa decisione aiuterà sicuramente gli agricoltori a diventare più prosperi. L’uso dei soli fertilizzanti organici aiuterà a fornire prodotti agricoli ricchi di sostanze nutritive e a mantenere la fertilità della terra (Daily news, 9 giugno 2021)”.

Senza negare l’importanza della concimazione organica, basta solo ricordare che, se i fertilizzanti di sintesi fossero i responsabili della riduzione della fertilità dei suoli, la Pianura Padana sarebbe da tempo un deserto.

Senz’altro la situazione che si è verificata in Sri Lanka è un’estremizzazione della pratica dell’agricoltura biologica, ma questo caso ci fa capire che ogni volta che ci si allontana dalla realtà con tutti i suoi fattori in gioco, i danni possono essere enormi. L’ultimo rapporto Ismea (Il Biologico nel 2021 e sviluppo del settore, luglio 2022) ci dice che in Italia e a livello internazionale negli ultimi 15 anni il biologico è cresciuto enormemente (in Italia, negli ultimi 5 anni, più 40% di superfici a bio), mentre si è verificata una stasi del mercato interno, indebolito dalla pandemia e dalle avvisaglie della crisi economica. In questa nuova situazione in molti si chiedono se la strategia europea Farm to Fork, che prevede entro il 2030 il 25% dei terreni agricoli coltivati a biologico e la riduzione dell’uso dei fitofarmaci del 50%, non sia da rivedere.

Molte analisi (rapporti: JRC della Commissione Europea – USDA del Dipartimento dell’Agricoltura Statunitense – ricercatori olandesi della Wageningen University & Research) concordano nell’attribuire alle strategie agricole e ambientali promosse dalla Commissione europea un importante calo della produzione, senza un chiaro beneficio in termini ambientali e di contrasto al surriscaldamento climatico, soprattutto se considerato su scala mondiale.

E’ poi importante rilevare tre osservazioni presenti nel rapporto Ismea, che ci aiutano ad analizzare l’agricoltura biologica senza faziosità e campanilismi:

1) In molti paesi dell’Ue le produzioni certificate biologiche rappresentano l’unica vera ed evidente alternativa a prodotti iper-elaborati ed estremamente massificati, mentre in Italia, banalizzando il concetto, si può mangiare a livelli elevati di qualità anche senza ricorrere necessariamente al biologico.

2) L’intervento economico a sostegno delle superfici biologiche è il più ricco dello sviluppo rurale, ma i produttori biologici troppe volte hanno convenienza a non certificare “biologico” il prodotto finale, restando però finanziariamente coperti dall’aiuto ad ettaro garantito dalla misura agroambientale per il biologico. Potrebbe quindi essere utile introdurre degli strumenti che, se non obbligano, almeno inducano gli agricoltori che percepiscono aiuti finanziari per il biologico a conferire la produzione certificata.

3) La crescita della produzione deve essere trascinata dalla domanda espressa dal mercato.

Queste tre considerazioni sono molto interessanti perché, se seguite, potranno garantire uno sviluppo non ideologico di questo importante settore del sistema Italia, in un’ottica che non sia di mera rendita economica, quanto piuttosto di aiuto integrato alle filiere.

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