Nella sfera dei settori produttivi, ce n’è uno speciale: è l’agriturismo, che può definirsi “primario doppio”, visto che si fonda sull’agricoltura (il primario) e sul turismo (che oggi è il primo segmento trainante della nostra economia). Un mix dall’alto potere attrattivo, basti dire che circa un milione di italiani, per una vacanza nel mese di settembre, ha scelto proprio una struttura agrituristica, convinto dal mix di gastronomia, relax nella natura, genuinità, nel pieno delle attività caratteristiche della fine estate: ad esempio, la raccolta della frutta, la vendemmia, l’andare a funghi. Ma anche sull’agriturismo adesso si sta scaricando il ciclone energia, con un caro bollette triplicato rispetto all’anno scorso, una penitenza imprevedibile che sta mettendo a rischio l’esistenza stessa di tante strutture. “È chiaro che non possiamo riversare sui clienti la lievitazione dei nostri costi, ma è altrettanto evidente che si potrà resistere solo fino a quando la marginalità non raggiungerà i minimi, quando cioè i costi di gestione supereranno gli incassi”. Lo dice Diego Scaramuzza, presidente di Terranostra, l’associazione di Coldiretti che rappresenta oltre 3 mila agriturismi italiani, e che da molti anni gestisce anche l’agriturismo di famiglia, nel veneziano.
Presidente, anche lei ha già ricevuto una super-bolletta?
Per il momento ancora no, ma sono in attesa. Molti colleghi, però, sono già stati colpiti, e alcuni stanno già pensando se proseguire o no l’attività. In Toscana tre agriturismi su dieci hanno già deciso la chiusura, ma la situazione non è diversa in tutt’Italia. Così come non cambia per nessun’altra attività produttiva, tutte alle prese con il medesimo problema.
Nessuna particolarità in più per voi?
Forse una sì, le prenotazioni. Noi abbiamo strutture che non possono permettersi di mantenere le aperture e le consuete qualità di servizio in mancanza di certezze. Mi spiego: aprire una grande sala, riscaldarla e accudirla con l’adeguato personale, è sopportabile solo con una certa affluenza. Ma con pochi tavoli occupati, e magari solo con una camera o due impegnate, i conti non tornano più. Bisognerebbe potere basarsi, insomma, su un calendario di prenotazioni certe, ma so bene che al contrario le recenti tendenze di mercato si orientano sempre più sul sottodata. È questo cortocircuito che preoccupa.
E dire che l’estate appena trascorsa per l’agriturismo ha segnato davvero un boom…
Come a Ferragosto, quando circa mezzo milione di vacanzieri hanno scelto di trascorrerlo in agriturismo. Quest’anno è cresciuto del 10% il numero dei turisti che ci hanno scelto, anche grazie al ritorno degli stranieri. L’offerta turistica di campagna è spinta, soprattutto nel post-Covid, dalla voglia di contatto con la natura, dall’enogastronomia basata anche sulle ricette trasmesse da generazioni, a base dei prodotti genuini del territorio, dalla voglia di relax nel verde, lontano dalle mete più affollate.
Vi state dando nuovi obiettivi per il prossimo futuro?
Puntiamo sulla destagionalizzazione, che per le strutture agrituristiche è forse più naturale che per le altre imprese di ospitalità. Puntiamo su offerte di qualità, diversificate. E puntiamo ad attrezzarci meglio per affrontare il risparmio energetico, consapevoli, noi, che si tratta di trasformazioni tecnologiche non semplici e non immediate. Vorremmo che se ne rendesse conto anche chi dovrebbe mettere in campo strumenti di sostegno adeguati. Del resto l’agriturismo svolge un ruolo centrale per la vacanza made in Italy, perché contribuisce in modo determinante al turismo di prossimità nelle campagne italiane: in quasi due comuni italiani su tre sono presenti strutture agrituristiche con una netta prevalenza dei piccoli comuni dove nasce il 92% delle tipicità agroalimentari.
(Alberto Beggiolini)
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