“Non c’è tempo da perdere e non possiamo aspettare le elezioni e il nuovo Governo, ma bisogna intervenire subito sui rincari dell’energia che toccano famiglie e imprese. E mettono a rischio una filiera agroalimentare che dai campi alla tavola vale 575 miliardi di euro, quasi un quarto del Pil nazionale, e vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio”. È l’allarme lanciato dal presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, davanti all’esplosione dei costi dell’energia che sta mettendo in ginocchio aziende e consumatori.
“Così non possiamo andare avanti e non ci possiamo permettere di aspettare i tempi lunghi della politica – spiega Prandini – anche perché si concentrano proprio in questi mesi le produzioni agricole tipiche del Made in Italy e della dieta mediterranea con le loro lavorazioni per conserve, succhi e derivati: dagli ortaggi ai legumi, dal vino all’olio, dai salumi e prosciutti Dop ai formaggi, dal latte alla carne fino alla pasta, dalla frutta alle passate di pomodoro usate su tutte le tavole italiane e all’estero”.
Nell’occhio del ciclone
La produzione agricola e quella alimentare rappresentano, del resto, uno dei settori più esposti all’attuale congiuntura: assorbono infatti oltre l’11% dei consumi energetici industriali totali per circa 13,3 Mtep all’anno. L’aumento dei costi – denuncia Coldiretti – colpisce quindi duramente l’intera filiera, a partire dalle campagne dove più di una azienda agricola su 10 (13%) vive una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività, e ben oltre un terzo del totale nazionale (34%) si trova costretto a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari dei costi. Rincari che – sottolinea Coldiretti – vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi, dal +129% per il gasolio fino al +300% delle bollette per pompare l’acqua per l’irrigazione dei raccolti.
Ma, va detto, gli aumenti riguardano l’intera filiera alimentare: secondo Coldiretti, infatti, il vetro costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, il tetrapack il 15%, le etichette il 35%, il cartone il 45%, i barattoli di banda stagnata il 60%, fino ad arrivare al 70% per la plastica. Senza contare i consumi diretti di energia (combustibili per trattori, serre e trasporti) e quelli indiretti (fitosanitari, fertilizzanti e impiego di materiali come la plastica).
Non va meglio neppure se si guarda all’industria alimentare, che – rileva Coldiretti – richiede ingenti quantità di energia per i processi di produzione, trasformazione, conservazione dei prodotti di origine animale e vegetale, per il funzionamento delle macchine e la climatizzazione degli ambienti produttivi e di lavoro. Un mix che – evidenzia Coldiretti – genera una bolletta energetica pesante, nonostante nel tempo si sia verificato un contenimento dei consumi energetici grazie alle nuove tecniche e all’impegno degli agricoltori per la maggiore sostenibilità delle produzioni, anche con l’adozione di tecnologie 4.0.
Gli effetti sul carrello della spesa
La crescita dei costi energetici mette, insomma, in discussione la tenuta dell’intera filiera, che si trova a dover necessariamente scaricare a valle almeno parte dei costi. E che deve peraltro fare i conti anche con una minore capacità di spesa dei consumatori, a loro volta alle prese con bollette più alte, destinate a erodere la disponibilità economica riservata ad altre voci. Un circolo vizioso, insomma, che sta già facendo vedere i propri effetti: gli italiani – rileva sempre Coldiretti – hanno, per esempio, tagliato gli acquisti di frutta e verdura, che nel 2022 sono crollati dell’11% in quantità rispetto allo scorso anno, attestandosi su valori minimi da inizio secolo. A subire la scure sono state soprattutto le zucchine (-16%), seguite da pomodori (-12%), patate (-9%), carote (-7%), insalate (-4%). Ma anche le arance, considerate unanimemente un elisir di lunga vita, scontano un -8%.
A pesare su questa dinamica è soprattutto l’aumento dei prezzi: al dettaglio si sono infatti registrati rincari del 12,2% nel caso degli ortaggi e dell’8,5% per la frutta. Anche se – avverte Coldiretti – nelle campagne sono riconosciuti valori che non coprono sempre i costi di produzione con i raccolti falcidiati da grandine e siccità.
Il risultato è il calo dei fatturati per i produttori. Ma non solo. Il taglio dei consumi di frutta e verdura – sostiene Coldiretti – è destinato nel tempo ad avere un impatto anche sulla salute, se si considera che il Consiglio dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) indica in 400 grammi a persona la quantità minima di questi alimenti da assumere quotidianamente.
Le preoccupazioni però non finiscono qui. Secondo il report “L’autunno caldo degli italiani a tavola fra corsa prezzi e nuovi poveri”, diffuso in occasione del Meeting di Rimini, i rincari d’autunno metteranno infatti a rischio alimentare oltre 2,6 milioni di persone che in Italia sono costrette a chiedere aiuto per mangiare e rappresentano la punta dell’iceberg delle difficoltà in cui potrebbe trovarsi un numero crescente di famiglie, proprio a causa dell’inflazione sul carrello della spesa, spinta dai costi energetici e alimentari.
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