L’Intelligenza artificiale (IA) è essenzialmente un tema scientifico, di per sé estraneo all’economia e alla finanza, ma come in altri settori vi impatta in modo sempre più pervasivo e determinante, con ripercussioni significative per gli investitori, i mercati e l’economia reale.
Molti ne parlano, taluni ci investono, pochi ne hanno compreso il reale potenziale a tendere. Il tema è al centro del dibattito di esperti e professionisti di diversi settori e di diversa natura, un’innovazione con un potere rivoluzionario che comporta nuove regole in un mondo in cui risulta impossibile non essere presenti in modo efficace. Una nuova visione del futuro in una transizione permanente.
L’IA è, d’altronde, tra noi da diversi anni e abbiamo il compito di farci i conti, seguendo gli sviluppi e agendo dove possibile. Secondo Bill Gates, l’IA è lo sviluppo più importante dopo i personal computer. Quali potrebbero essere le implicazioni?
Dal punto di vista più generale e regolamentare, nel giugno scorso, il Parlamento europeo ha dato il via libera a larghissima maggioranza al testo AI Act (il nome del regolamento per l’Intelligenza artificiale) che contiene una serie di regole volte a imprimere alle nuove tecnologie il rispetto delle leggi e i valori fondamentali della Unione europea. Norme rivolte soprattutto ai produttori di IA, mentre per le imprese che adotteranno i sistemi di IA vi è la possibilità di verificare la conformità dei sistemi utilizzati affinché non presentino i rischi elencati nel regolamento che guarda in larga misura ai pericoli e quindi ragiona per divieti.
Secondo gli studi di Columbia Threadneedle Investments, importante casa di gestione, nei prossimi dieci anni l’Intelligenza artificiale potrebbe aggiungere circa 10 trilioni di dollari di valore all’economia globale attraverso l’innovazione di prodotti/servizi e l’ aumento della produttività. Al netto del peso dell’inflazione, potrebbe rappresentare circa il 30% della crescita economica incrementale.
Tralasciando altri settori analizzati dalla ricerca (come quello agricolo e sanitario) proviamo a capire brevemente – per grandi linee – per il credito e la finanza quali sono le prospettive, le sfide, i rischi e le opportunità che si aprono davanti alle trasformazioni che l’IA porterà.
L’Abi, l’Associazione bancaria italiana, è da tempo attenta alle innovazioni tecnologiche, in particolare alla DLT (Distributed Ledger Tecnology), alle tematiche legate alla BlockChain e alla Cyber Industry. Temi che, seppur non solo di esclusiva pertinenza e impatto nel mondo finanziario, rappresentano e pesano più di un terzo di tutti gli investimenti effettuati.
Assogestioni (l’Associazione italiana delle società di gestione del risparmio oltre a diverse banche e imprese di assicurazioni che operano nell’ambito della gestione individuale e della previdenza complementare) ha presentato nell’aprile scorso un Libro Bianco “Oltre le criptovalute. Tecnologie a registro distribuito a servizio dell’asset management”, con l’obiettivo di analizzare il modo in cui la progressiva adozione delle tecnologie digitali decentralizzate può influenzare il settore dell’asset management e, in ultimo, beneficiare gli investitori.
Serve una maggiore comprensione, le possibili aree di convergenza riguardano: un’educazione e la formazione di base su contenuti e processi oggetto di questa innovazione; scambio di conoscenze per esecuzioni più rapide e veloci, ridurre i rischi e i costi, maggiore efficienza operativa, trasparenza e interoperabilità; disciplinare il ruolo dei fornitori di servizi tecnologici, garantire la tutela degli investitori e cogliere i benefici della DLT; uniformare applicazioni tra banche, assicurazioni, altri operatori del settore che da soli coprono circa il 35% del mercato.
Il futuro del credito, del risparmio gestito, della consulenza finanziaria si preannunciano sempre più digitali. Gli operatori si preparano a coglierne i benefici, in particolare dell’ampliamento dell’offerta, emerge un tema di competenze adeguate, limitare i rischi derivanti dalla conoscenza imperfetta delle potenzialità offerte dall’IA.
E sul fronte lavoro? Ci si chiede se sostituirà il ruolo delle persone, o se accompagnerà e sarà di supporto a un processo trasformativo, anche delle competenze richieste ai professionisti del settore per competere e innovare.
L’Intelligenza artificiale cancellerà alcune mansioni e lavorazioni, ma a oggi non c’è una significativa evidenza che abbia avuto un impatto negativo sul mondo del lavoro. Se serve non farsi prendere dal panico non bisogna quanto meno sottovalutare o abbassare la guardia rispetto all’irrompere, all’invadenza dell’IA.
Un recente rapporto Ocse “Artificial Intelligence and labour market” analizza nella finanza e nella manifattura l’impatto positivo o negativo dell’IA sull’occupazione e le condizioni di lavoro su di un campione di duemila aziende e interviste a circa 5.300 lavoratori. Se sinora meno del 10% delle aziende ha inglobato applicazioni di IA nelle proprie attività, in quelle di grandi dimensioni questa percentuale sale a un terzo. Ma non tutto si può misurare, le macchine per quanto raffinate e veloci, non sono dotate, e probabilmente non lo saranno nemmeno per i prossimi anni di intelligenza emotiva.
L’Intelligenza artificiale è costruita da esseri umani e non sempre tutto ciò che è tecnicamente fattibile si può fare. C’è sempre anche una grande questione di responsabilità, quella che si deve mettere in campo rispetto agli usi e le conseguenze dell’IA nelle decisioni che devono prendere coloro che scrivono i programmi di IA e di tutti coloro che li finanziano.
Un forte richiamo è partito tre anni fa dai firmatari di un accordo Call for an IA Ethics sottoscritto in Vaticano da Pontificia Accademia per la Vita, Governo Italiano, Fao, Microsoft, IBM ribadito anche a gennaio di quest’anno al Forum per la Pace di Abu Dhabi dove è stata formulata la richiesta congiunta di una algoretica, un’etica degli algoritmi che guidi la progettazione dell’IA.
Si può far finta di niente ritenendo questi appelli siano un atto dovuto, specialmente da parte di Enti e Istituzioni religiose, ma privi di incidenza su una realtà che è la nuova frontiera dell’innovazione tecnologica su cui è in corso una competizione a suon di miliardi di dollari. Oppure prenderli sul serio perché anche l’IA è fatta da esseri umani.
A tutti noi, a chi è spaventato del futuro serve un plus di etica, di anima, di senso dell’esistenza nelle cose che si fanno nel modo con cui si affronta il mondo. Altrimenti il tecnicismo ci soffocherà e sommergerà. Serve una visione del mondo e dell’uomo, cosa che non fa quasi più nessuno. Facciamo in modo che l’IA non sia una sorte ineluttabile, bensì una costruzione umana.
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