Aids, crescono tra i giovani i contagi da HIV

Secondo l’ultimo rapporto ufficiale del Centro Operativo Aids che fa riferimento al 2020, sono state registrate 1.303 nuove infezioni da HIV, con un’incidenza del 79,9% nei maschi. A crescere sono soprattutto i contagi tra i giovani, soprattutto 25/29 anni, ma fortunatamente i casi sono in calo rispetto al 2012. I dati, però, potrebbero essere leggermente sottostimati dalla pandemia da covid che potrebbe aver diminuito il numero di test effettuati. Seppur i dati in parte possano preoccupare, è opportuno ricordare che a differenza degli anni ‘80, seppur non esista una cura, ricevere una diagnosi di HIV non è più una condanna a morte.



Ma preoccupa che a crescere siano i contagi da HIV, e consequenzialmente chi sviluppa l’AIDS, tra i giovani. Per Antonella Castagna, primario dell’Unità di Malattie Infettive dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, sentita da Dagospia,serve più informazione, soprattutto sui test”. Contrarre l’HIV non è più un problema per la salute del paziente, che attraverso i farmaci può sopprimere la replicazione del virus ed evitare “l’immunodeficienza che portava all’AIDS e alla morte”. L’aspettativa di vita orami è del tutto pari a quella di una persona che non l’ha contratto, ma è importante che la diagnosi non sia tardiva, e che arrivi prima che riesca ad erodere il sistema immunitario.



AIDS e HIV: lo stigma per l’infezione rallenta la diagnostica

Seppur, insomma, convivere con l’HIV sia ormai possibile, tramite la somministrazione quotidiana di farmaci o la profilassi, ed evitare di contrarlo sia ancora più facile, continua a circolare, soprattutto tra i giovani. Andrea Gori, primario al Policlinico di Milano e presidente di Anlaids (associazione che si batte contro l’AIDS), sottolinea a Dagospia come siamo ancora ben lontani dall’eradicare il virus, e che probabilmente non verrà mai sviluppato un vaccino, dato che “si replica milioni di volte, con milioni di varianti”.



Occorre tenere sempre la guardia alta con l’HIV, perché non “prendere i farmaci anche solo per una settimana” riattiva “gli effetti del virus, e sono guai”, sottolinea Gori. Sono soprattutto i giovani a sottovalutare HIV e AIDS, pensando che “tanto ormai non si muore più, tanto si cura, alcuni però arrivano da noi e non sanno nemmeno più cos’è l’HIV”. Una volta ricevuta la diagnosi, però, “genera problemi clinici e sociali”. Gli individui sieronegativi discriminano i positivi, “ci si pongono domande tipo: chissà chi è? Che comportamenti sessuali sfrenati avrà avuto? Magari si droga”. Ma le cose non sono così, “il virus si trasmette quando i rapporto non sono protetti”, ed il problema “è che si parla poco o niente di sessualità, non se ne parla in famiglia, non se ne parla a scuola”, i giovani finiscono per screscere “istruendosi sui siti porno” e così finiamo per assistere “al fatto che la diffusione maggiore della malattia è nella fascia d’età tra i 15 e i 18 anni”.