Air Italy è arrivata a un punto morto. Le cause della liquidazione in bonis, che prevede che dal 25 febbraio tutte le attività vengano chiuse, sono diverse, ma è stato dimostrato ancora una volta che le compagnie aeree italiane non riescono a stare sul mercato. In primo luogo, è però necessario definire quale sia il mercato, dato che un mercato italiano non esiste più da decenni.



Il mercato in cui si combatte la guerra tra i grandi vettori è almeno europeo, per non dire globale. E in questa partita essere dei piccoli player in perdita non permette di resistere a lungo. Piccolo player non è solo Air Italy, che trasportava meno di due milioni di passeggeri l’anno, ma anche la stessa Alitalia che non a caso continua a perdere circa 600 milioni di euro l’anno.



Mettere insieme due debolezze (e perdite superiori a 800 milioni di euro l’anno) non è dunque una cosa sensata, così come non ha mai avuto senso pensare di intervenire direttamente in ogni compagnia in difficoltà. A furia di sussidiare operatori in perdita si finisce infatti per uccidere tutti gli altri operatori tramite aiuti di Stato e una concorrenza sleale.

Detto questo è però bene ricordare che Air Italy ha fatto diversi errori strategici e operativi. Un piano ambizioso che puntava sul lungo raggio è stato presentato solo due anni fa, con la promessa di fare arrivare 50 nuovi aerei, di cui 30 Boeing Dreamliner 787 (a lungo raggio). Il piano non è mai decollato e al contrario di quanto prospettato il numero di passeggeri è caduto, così come il fatturato, mentre le perdite crescevano da poco più di 50 milioni a circa 200 milioni di euro l’anno.



La forte concorrenza delle low cost sugli scali di Milano, dove il vettore aveva intenzione di creare una rete di feederaggio, non ha permesso la crescita di questo segmento, che ha comportato continuamente perdite. Al tempo stesso nel lungo raggio la compagnia si è andata scontrare con i grandi colossi globali e le loro reti di vendita.

Pensare di fare il lungo raggio con una strategia stand alone è stato abbastanza suicida, anche perché le altre compagnie, molto più grandi, avevano tutte le armi per potere resistere a prezzi molto bassi. Errori operativi sono stati fatti anche nel lancio di nuove rotte, repentinamente chiuse. Nel trasporto aereo si dice che “si costruisce una rotta” a lungo raggio e per fare questo ci vuole pazienza e anni. Air Italy ha finito in fretta i soldi e la pazienza e anche per questo motivo non ha avuto costanza nel mantenere rotte a lungo raggio.

La compagnia aveva dei problemi nell’azionariato, dovuti alle regole europee che non permettono a un operatore extra-Ue di avere più del 49% del capitale per mantenere la licenza europea. Questa legislazione non ha permesso a Qatar Airways, che aveva il 49%, di crescere, e dunque nel momento della necessaria ricapitalizzazione ci si è ritrovati in difficoltà.

Cosa potrà succedere adesso? Molte rotte a corto raggio saranno coperte da altri operatori che vogliono gli slot di Malpensa e Linate di Air Italy, mentre per diverse rotte a lungo raggio difficilmente potrà essere possibile trovare altri operatori sostitutivi nel breve periodo.

Ancora una volta le compagnie italiane hanno dimostrato la loro debolezza e i casi di Air Italy e Alitalia sono solo gli ultimi due esempi.