Per poter salvare l’ex Ilva, l’indotto, i posti di lavoro e l’economia dell’acciaio nella disastrata Taranto, il piano di accordo tra ArcelorMittal impostato nelle scorse ore con l’incontro in extremis col Governo Conte potrebbe prevedere notevoli aiuti di Stato all’azienda in dubbio sul “fuggire” dalla Puglia o se proseguire nell’investimento dell’acciaieria più importante d’Italia. Il passo per evitare il default degli impianti e la chiusura degli altoforni è stato fatto, con l’ex Ilva salva almeno fino a fine 2019: Il governo Conte-2 concederà una breve pausa nella battaglia legale a Mittal se nel frattempo non si fermerà l’acciaieria. La conferma è arrivata dalla stessa ArcelorMittal che in serata ieri ha fatto sapere le ultime sulla trattativa: «AM Investco conferma che l’incontro tenutosi ieri con il Presidente del Consiglio ed altri membri del Governo per discutere possibili soluzioni per gli impianti ex Ilva è stato costruttivo. Le discussioni continueranno con l’obiettivo di raggiungere al più presto un accordo per una produzione sostenibile di acciaio a Taranto». L’accordo per rilevare l’ex Ilva – ed ridurre il più possibile gli esuberi, principale preoccupazione dei sindacati – secondo il Premier Conte «avrà un nuovo piano industriale e un possibile coinvolgimento pubblico».
L’ACCORDO MITTAL-GOVERNO
Ed eccoli dunque quegli “aiuti di Stato” tanto discussi e tanto attesi da diverse parti politiche: esclusa la piena nazionalizzazione dell’ex Ilva (sarebbe intervenuta solo con la fuga permanente di Mittal, ndr), non è da escludere invece una “NewCo” dello Stato per concedere soldi pubblici a Mittal e risollevare le sorti di Taranto senza, ove possibili, licenziamenti. «Noi non possiamo consentire i 5mila esuberi che avevano posto sul tavolo e soprattutto vogliamo affermare l’idea che riguarda Taranto e tutto il mezzogiorno d’Italia che si possa produrre anche l’acciaio nel rispetto dell’ambiente e della salute dei cittadini e dei lavoratori», ha spiegato oggi a Chieti il Ministro del Sud Provenzano, mentre Landini (Segretario Cigl) da Firenze ribadisce «Per la delicatezza della storia e i problemi legati anche alla città di Taranto sarebbe importante dare l’idea che c’è un soggetto pubblico che garantisce e controlla che gli investimenti e che le bonifiche vengano fatte nell’interesse pubblico». Niente Cassa Depositi e Prestiti, secondo il Messaggero il Governo pensa a Invitalia (l’Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli investimi e lo sviluppo d’impresa) per affiancare Mittal nella gestione dell’ex Ilva: «Mettere a disposizione capitale pubblico serve a dare agli investitori il senso dell’importanza che il Paese ha per il presidio industriale di Taranto», riporta il Messaggero. Oltre alla partecipazione con fondi pubblici nel capitale, occorre mettere sul tavolo ora anche gli esuberi da evitare e lo scudo penale che palazzo Chigi continua a tenere in fondo alla trattativa per le ben note distanze tra Renzi, Pd e M5s (con 5Stelle divisi anche al loro interno) sulla vicenda.