Le famiglie che si spostano da Sud a Nord per offrire ai loro bambini malati delle cure migliori sono sempre più numerose. Le Regioni che attraggono più pazienti, in base ai crediti economici contenuti nel rapporto della Fondazione Gimbe e riportati da Il Mattino, sono Lombardia (20,2%), Emilia-Romagna (16,5%), Veneto (12,7%), Lazio (8,4%), Piemonte (6,9%) e Toscana (5,4%). Le altre non riescono a garantire delle prestazioni altrettanto soddisfacenti.
“La differenza dal punto di vista dello stato di salute è il primo elemento che caratterizza nord e sud e questo si ripercuote anche sulla speranza di vita”, afferma Americo Cicchetti, direttore di Altems (l’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica). “Sappiamo che dopo i 65 un calabrese vive in buona salute in media 6 anni, un abitante della regione Toscana ne vive 11”. I disagi, tuttavia, non riguardano purtroppo soltanto le persone più anziane. A farne le spese sono anche i piccoli pazienti che hanno bisogno di cure.
Al Nord per dare a bambini cure migliori: il dramma dei piccoli pazienti
La Società italiana di pediatria ha calcolato che i minori che vivono al Sud rispetto a quelli residenti in altre zone d’Italia sono stati curati più frequentemente in altre regioni (11,9% contro 6,9%). Il dato diventa più netto quando si considerano i ricoveri ad alta complessità (21,3% contro 10,5%). Un terzo dei bambini e adolescenti si mette in viaggio dal Sud verso il Centro e il Nord per ricevere cure per disturbi mentali (il 10% dei casi) o neurologici, della nutrizione o del metabolismo nei centri specialistici convergendo principalmente a Roma, Genova e Firenze.
Insieme a loro, nel viaggio, ci sono i genitori, che devono fare i conti con non pochi disagi. Le famiglie, infatti, sono costrette ad abbandonare la loro vita, rischiando di perdere il lavoro e andando incontro a difficoltà economiche. “Gli affitti sono insostenibili. Ho conosciuto genitori che hanno affittato una roulotte e hanno parcheggiato vicino all’ospedale. Altri dormono in auto”, racconta un papà. Ad aiutarli ci sono delle associazioni di volontari, ma spesso non è sufficiente e resta la rabbia di dover migrare per ricevere le cure.