“Ecco le domande finali per il nostro concorrente che si presenta sulla vita di Roberto Speranza. Vogliamo sapere da lei: fino al 3 giugno 2021, nei ristoranti in zona bianca, quanti posti a tavola al chiuso erano consentiti? A quale comma, di quale articolo, di quale Dpcm l’allora ministro della Salute, Roberto Speranza, si era richiamato per fissare quel numero di persone per tavolo ‘salvo che siano tutti conviventi’? Chi pronunciò queste parole: ‘Io sono tra quelli che era per l’aumento dei posti a tavola, francamente li aumenterei a 8-10, e poi liberalizzerei dai primi di luglio, quando dovremmo avere oltre 30 milioni di persone con la prima dose del vaccino fatta’? L’allora leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, come definì quelle ‘misure restrittive, utili solo a danneggiare ulteriormente l’economia e i ristoratori’? Ha un minuto di tempo per rispondere”.
Chissà se tra una ventina o trentina d’anni ci sarà un nuovo Mike Bongiorno con un nuovo “Rischiatutto” che imbandirà (è il caso di dirlo) simili domande per riandare con la memoria a una (poco nobile, anzi stravagante) disputa sul numero di persone che in un ristorante al chiuso possono sedersi attorno a un tavolo per gustarsi una bella cena in compagnia, in tempi di Covid (calante) e di vaccinazioni (crescenti). Roba non certo da cavalieri della tavola (rotonda o quadrata poco importa), sta di fatto che simile querelle è stata oggetto per quasi 48 ore di tensioni e frizioni all’interno della stessa maggioranza, tra ministeri della Salute e degli Affari regionali e tra le Regioni e il governo.
Ieri, fortunatamente, la controversia ha trovato la sua più logica soluzione, che accontenta il buon senso, le esigenze dei ristoratori e gli italiani: l’esecutivo ha infatti accettato la proposta della Conferenza delle regioni e delle province autonome di far cadere i limiti all’aperto per le attività di ristorazione e di estendere – in via temporanea, per farlo poi decadere dopo due settimane – il tetto massimo al chiuso da 4 a 6 persone per tavolo. Una curiosità: per arrivare a questa decisione si è reso necessario riunire, attorno a un tavolo in una stanza al chiuso e per diverse ore, i 12 componenti del Comitato tecnico scientifico…
La disputa comunque si presta agli onori di un gioco a quiz di grande successo popolare, visto che resta un mistero capire cosa abbia spinto il ministro Speranza a rendere flambé una questione che avrebbe potuto e dovuto scorrere via liscia come l’olio.
Solo 24 ore prima, il presidente del Consiglio, Mario Draghi (in pratica, il “capo” di Speranza), intervenendo a Modena – per inciso, nel cuore di quell’Emilia per antonomasia sinonimo di buona cucina – aveva lanciato un chiaro segnale di ottimismo: “E’ la prima volta che esco da Roma da quando la pandemia si è cominciata ad attenuare, si percepisce sollievo, entusiasmo, una voglia di ricominciare. I mesi della pandemia sono stati molto duri per i lavoratori e per le imprese ma, grazie ai sacrifici degli italiani e alla forte accelerazione della campagna vaccinale, abbiamo davanti una fase nuova. Una fase di ripresa e fiducia”. Insomma, in un giorno di (tanto sospirata) ripartenza, con i ristoranti finalmente aperti anche al chiuso, parole di speranza a cui brindare.
A ritappare subito le bottiglie stappate ci hanno però pensato le parole di Speranza (e qui la S maiuscola fa tutta la differenza del mondo): il suo ministero si è infatti affrettato a sconvolgere il menù, “scongelando” dal freezer in cui era finito l’articolo 27 del Dpcm dello scorso 2 marzo, lì dove si legge, al comma 1, che “Il consumo al tavolo è consentito per un massimo di quattro persone per tavolo, salvo che siano tutti conviventi”. Limite valido in zona gialla e in zona bianca.
La precisazione è andata subito di traverso, come un boccone indigesto da deglutire, al ministero degli Affari regionali, che in accordo con tutte le Regioni ha chiesto e ottenuto in men che non si dica “un approfondimento” per risolvere e superare (come appunto è stato saggiamente fatto) “l’interpretazione sul limite massimo di 4 persone ai tavoli nei ristoranti”.
Quindi, tutto è bene quel che finisce bene. Si imbandiscano i tavoli con le tovaglie delle grandi occasioni, si dia briglia sciolta all’estro di chef e cuochi, si lasciano correre i camerieri, sotto con le prenotazioni, le comande e gli assaggi, si facciano saltare i tappi allo champagne e in alto i calici.
Ammettiamo, però, per un attimo che quel limite di quattro fosse stato confermato. Sarebbero scattati controlli e sanzioni? Il ministro della Salute avrebbe sollecitato il titolare dell’Interno affinché inviasse occhiuti ispettori a controllare che all’interno dei ristoranti venisse rispettata quella norma? In caso di inadempienza, sarebbe stato multato il ristoratore, colpevole di non aver verificato, con uno scrupolo degno del peggior Kgb, l’identità e il grado di parentela di ogni singolo commensale? Oppure la sanzione sarebbe stata pagata direttamente dal cliente colto in flagranza di reato, il quale, dopo caffè e ammazzacaffé, avrebbe ricevuto la tremenda mazzata di uno scontrino più Iva e ammenda (ovviamente salata)?
Resta, infine, un dubbio: la regola dei quattro posti per tavolo, su cui il ministro era disposto a fare il diavolo a quattro, aveva qualche validità scientifica? Da scienziati e virologi nessun cenno. Sappiamo per certo che Speranza – da uomo di sinistra qual è, convinto assertore che sia compito dello Stato vigilare sugli stili di vita dei cittadini – non esita a farsi in quattro per la tutela della salute di noi cittadini, specie in questi mesi di pandemia. Fosse per lui, un giorno ci inviterebbe dalle colonne di un giornalone mainstream a fare quattro passi ogni mattina, indossando ovviamente la mascherina d’ordinanza, per mantenere il nostro benessere fisico; un altro ci consiglierebbe, dal pulpito di un Tg di prima serata, di fare solo quattro chiacchiere con gli amici, onde evitare il più possibile contatti prolungati, fonte di sicuri contagi; un altro ancora ci raccomanderebbe, intervistato a margine di un simposio scientifico di altissimo livello, di organizzare al massimo incontri a quattr’occhi per non creare inutili e pericolosi assembramenti. Quindi, per la proprietà transitiva e per Speranza, anche a tavola quattro al massimo, dediti a un veloce e salutare “quattro salti in padella”. Ma, signor ministro, permetta una domanda: e se quei quattro si fossero ritrovati invece al ristorante per mangiare a quattro palmenti, come la mettiamo con la salute, con gli stili di vita, con i chili di troppo da smaltire eccetera eccetera?
Il quesito resterà senza risposta, perché nel frattempo a ridare speranza (qui la esse maiuscola fa tutta la differenza del mondo) ci ha pensato la Conferenza delle Regioni. E mai come in questa circostanza, è proprio il caso di dirlo, ci è riuscita… in quattro e quattr’otto!