Dopo le ben note vicende del sequestro e liberazione di Silvia “Aisha” Romano in Somalia, il gruppo terroristico islamista di Al Shabaab torna “protagonista” con un azione kamikaze avvenuta stamane a Mudug, una regione dello stato semiautonomo del Puntland somalo. Il Governatore è stato ucciso assieme a tre delle sue guardie del corpo mentre si trovava all’interno della regione: immediata la rivendicazione dell’attentato kamikaze pervenuta alla polizia da parte del gruppo jihadista che ha sequestrato per 18 mesi Silvia Romano. «Un’autobomba suicida ha colpito l’auto del governatore. Il governatore Ahmed Muse Nur e tre delle sue guardie del corpo sono morti», ha fatto sapere alla Reuters il capo della Polizia Mohamed Osman. Si è trattato di un vile e sanguinoso attacco con autobomba e presenza di almeno un kamikaze fondamentalista, come ribadisce invece il portavoce delle operazioni militati di Al Shabaab sempre alla Reuters, Abdiasis Abu Musab. Non da oggi il gruppo di terroristi “costole” di Al Qaeda organizza attentati per rovesciare il governo centrale della Somalia sostenuto dall’Occidente: negli ultimi anni già diversi attacchi kamikaze hanno colpito il Paese del Corno d’Africa con dirette rivendicazioni degli stessi Al Shaabab sempre rivolte all’instaurazione della sharia islamica alla guida della Somalia.
IL “PERICOLO” DEL RISCATTO DI SILVIA ROMANO
Come hanno evidenziato non pochi esperti delle politiche sub-africane, sono proprio i rapimenti e le scorrerie delle bande annesse a Al Shabaab a rappresentare il “finanziamento” per la lotta in nome della Jihad contro il Governo di «traditori», come viene definito lo Stato centrale di Somalia. Nella famosa ormai intervista a Repubblica (poi parzialmente “smentita” da alcuni esponenti del gruppo terrorista), il “portavoce” Ali Dehere così spiegava solo poche ore dopo la liberazione della giovane attivista milanese, oggi convertita all’Islam: «Parte del riscatto pagato per la liberazione di Silvia Romano servirà a comprare armi di cui abbiamo sempre più bisogno per portare avanti la jihad».
Ora, ovviamente al momento non è dato sapere se quei soldi pervenuti ad Al Shabaab dopo il sequestro (con fonti ancora tutte da chiarire tra Italia, Turchia e la stessa Somalia) siano poi stati utilizzati per i kamikaze di questa mattina, ma quel che è certo il denaro con cui finanziare la Jihad proviene in parte dai rapimenti e dai sequestri che da anni ormai avvengono regolarmente nella zona sub-sahariana. Sempre pochi giorni fa, l’esperto di Africa e ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica internazionale Francesco Marone, intervistato dal Quotidiano.net, ribadiva come quei soldi potranno purtroppo essere utilizzati per nuovi attentati: «La somma è un contributo a una grande entità che fa della violenza un suo punto distintivo. Non è detto che compri solo armi da fuoco, perché deve pagare i suoi membri e sostenere le sue attività».