«Parte del riscatto pagato per la liberazione di Silvia Romano servirà a comprare armi di cui abbiamo sempre più bisogno per portare avanti la jihad»: così, senza mezzi termini, parla il portavoce gruppo terrorista Al Shabaab in una intervista a “La Repubblica” dopo la liberazione della giovane cooperante in Kenya a fronte del sequestro ordito dal gruppo jihadista della Somalia (una “costola” di Al Qaeda). Non solo, Ali Dehere rivela al quotidiano diretto da Maurizio Molinari come in realtà non avrebbero mai fatto del male a Silvia sia perché era «merce di scambio» e sia perché «noi nutriamo grande rispetto per le donne».



Fa un certo effetto sentirlo dire dal portavoce di un gruppo estremista che tra attentati, gole tagliate, traffici criminali ed esecuzioni di ostaggi si è fatto tristemente conoscere in tutto il mondo: le fortissime polemiche circa la liberazione di Silvia “Aisha” Romano sono evidentemente state ingigantite dopo la notizia, confermata dalla stessa ragazza, della conversione avvenuta durante la prigionia durata 18 mesi. Oggi però nell’intervista di Rep il portavoce degli Al Shabaab “conferma” la tesi della Romano: «è avvenuta senza costrizioni perché ha sicuramente visto con i suoi occhi un mondo migliore di quello che conosceva in precedenza».



L’ESPERTO: “AL SHABAAB CON QUEI SOLDI FARANNO ATTENTATI”

Non solo, sempre secondo Ali Dehere la conversione di Silvia Romano è avvenuta tramite una semplice lettura del Corano, unico libro che le avrebbero dato durante la lunghissima prigionia: «Silvia Romano ha scelto l’Islam perché ha capito il valore della nostra religione dopo aver letto il Corano e pregato». Niente Sindrome di Stoccolma e niente opportunismo, i terroristi di questo si dicono certi: dopo l’apertura stamane di un’inchiesta in Italia contro le violenze verbali e gli attacchi nati sui social dopo la liberazione di Silvia Romano, il caso che fa ancora discutere è per l’appunto cosa potranno fare gli jihadisti con i soldi del riscatto pagato dopo una lunga operazione di intelligence ancora “misteriosa” tra Turchia, Kenya, Somalia e la stessa Farnesina.



Parte per finanziare la jihad e il resto, conclude Ali Dehere, «servirà a gestire il Paese: a pagare scuole, comprare cibo e medicine che distribuiamo al nostro popolo, a formare i poliziotti che mantengono l’ordine e fanno rispettare le leggi del Corano». Non risponde sull’entità del riscatto e sugli altri punti oscuri del sequestro (perché durato così a lungo e perché con intervento iniziale di criminali comuni per il rapimento), mentre fa intendere che Al Shabaab non siano solo tagliagole e sanguinari ma anche lucidi trafficanti criminali in grado di gestire una lunga trattativa e guadagnarci il massimo possibile. L’esperto di Africa e ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica internazionale Francesco Marone, intervistato dal Quotidiano.net, ribadisce che quei soldi potranno purtroppo essere utilizzati per nuovi attentati: «La somma è un contributo a una grande entità che fa della violenza un suo punto distintivo. Non è detto che compri solo armi da fuoco, perché deve pagare i suoi membri e sostenere le sue attività».