Al Teatro Oscar, il 19 dicembre alle ore 20:30, andrà in scena Due uomini di Luca Doninelli, affidato alla voce di Massimo Popolizio. Un testo che pone nuovamente il tema della Speranza in un mondo che sembra ignorare anche solo la possibilità di concepire questa virtù. Alle porte del Giubileo della Speranza va in scena la storia di due papi, Giovanni XXIII e Paolo VI, che, muovendo dai cambiamenti degli anni 60, arriva fino alle tragiche dinamiche degli anni 70, al caso Moro, all’urlo di Papa Montini (“Uomini delle Brigate Rosse!”), per concludersi con un epilogo inimmaginabile: la consegna delle armi dei terroristi al cardinal Martini.



Due papi, due uomini e l’intreccio che la loro vita ha avuto con la Storia. Da un lato, Angelo Roncalli: un uomo mite ma con le idee ben chiare, che passò la maggior parte della vita non tanto nella cura delle anime quanto a districare i nodi della diplomazia vaticana, in Bulgaria, Turchia e Francia. Uomo deciso, più ambizioso di quanto appaia, ma con un pensiero che si porterà dietro per tutta la vita: che la Carità non è soltanto un sentimento buono o un atteggiamento spirituale, ma anche un metodo valido tanto con l’amico o il fratello quanto nell’affronto delle questioni diplomatiche più spinose o nel gestire il rapporto tra il mondo moderno e la millenaria dottrina della Chiesa. Dall’altro Giovanni Battista Montini: ricco di nascita, dotato di grande intelligenza ma anche di un carattere schivo e – almeno all’apparenza – poco sicuro di sé. Tutti vedevano la sua fragilità, la sua difficoltà in un mondo che (’68, guerra in Vietnam, terrorismo) diventava ogni giorno più difficile da leggere, le parole più ardue da trovare.



Eppure, proprio lui è il grande interprete della sua epoca, e in qualche modo ne è anche l’immagine, giocando la sua grande fede in prima linea. Riuscì a resistere alle prove più terribili e proprio grazie a quelle spiccò la sua grandezza: la sua speranza, mentre il mondo si laicizzava sempre più, diveniva una certezza personale, dura, senza illusioni.

La storia arriva fino all’estremo – si tratta forse di vero estremismo? – gesto dei terroristi di consegnare le armi al cardinal Martini. Un segno potente non solo per la fine degli Anni di piombo, ma anche per quella luce che sembrava destinata a spegnersi per sempre. Una luce che non cancella dubbi, magagne, errori, confusione, ma che nonostante tutto questo esiste. Possiamo non chiamarla “la luce della fede”, “la luce di Dio” – forse è solo “la luce dell’umano”, quella strana forza che grida in noi: tu non sei solo quello che fai, quello che pensi, quello che sbagli. Un uomo è qualcosa di più di tutto questo.



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