Fare un teatro oggi è difficile. Il teatro è corpo, è fatto di incontri fisici, non lo sostituisci con un webinar. Ma la gente si è disabituata al corpo, tra non molto i nostri corpi si fermeranno in una stanza e faremo tutto nel metaverso, che è una cosa tristissima, ma vedrete che inventeranno anche una pillola contro la tristezza.
Qualche pazzo, però, crede nel teatro (e quindi nella vita), e tra questi ci siamo anche Giacomino Poretti, Gabriele Allevi e il sottoscritto. È il Teatro Oscar, a Milano. Ma la vita è fatta anche di idee, perché poi è sulle idee che ci si incontra. Quest’anno, per esempio, abbiamo pensato di celebrare gli anniversari in un modo un po’ più smart. E abbiamo inventato i “Non-Compleanni” (chi ha letto Alice nel Paese delle Meraviglie ne sa qualcosa).
Tutti gli anni c’è qualcuno da festeggiare, spesso più di qualcuno. Due anni fa era Dante, la scorsa stagione è toccato a Pasolini, il 2023 invece sarà l’anno (tra gli altri) di Giovanni Testori, il grande intellettuale di Novate, uno degli uomini che più ha inciso sulla vita mia e di tanti amici.
Ma come celebrare un compleanno senza essere troppo celebrativi? Ecco dunque il Non-Compleanno: associare il festeggiato con qualcuno con cui vogliamo vederlo dialogare. E abbiamo scelto Dario Fo. Perché Dario Fo? Perché era coetaneo di Testori, perché è milanese, perché come lui ha usato una lingua strana, ibrida, sporca, perché come lui è figlio del Manzoni, perché come lui è stato un grande artista, e soprattutto perché tutti e due hanno passato la vita a fare i conti – chi in un modo chi in un altro – con Gesù Cristo.
E se per Testori (che tutti festeggeranno, per fortuna) sono in programma due spettacoli particolari, nati da noi, a Dario Fo dedicheremo due dei suoi cavalli di battaglia, a cominciare da Mistero buffo, il suo capolavoro, che sarà in scena da martedì 18 ottobre.
Le posizioni che Dario Fo assunse in vita erano profondamente contrarie al mio e nostro modo di vedere il mondo. Il suo comunismo ostentato, la sua visione della Chiesa come pura struttura di potere, la sua volontà di cancellare pezzi della sua stessa vita (notoriamente fu repubblichino, ma era anche un ragazzo di diciott’anni) lo hanno reso inviso al mondo cattolico.
Ma il tempo è galantuomo, come dicevano i nostri vecchi, e sa rivelare, una volta placate le acque, tante cose. Una di queste è stata la lotta che Dario Fo, non meno di Giovanni Testori, ha sostenuto con la figura di Gesù Cristo, presente in tutto l’arco della sua vita: una figura amata, la più amata di tutte, che Fo cercò di staccare dal corpo della Chiesa – secondo me senza riuscirci.
Ma queste sono opinioni personali, che il palcoscenico potrà smentire. Per sapere se quest’uomo che vinse il Nobel ha ancora qualcosa da dirci (come io credo) oppure appartiene ai ricordi di un passato che preferiremmo dimenticare, vi invito tutti al nostro teatro.
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