NEW YORK — Uccidere a 14 anni. Uccidere il padre, due fratellini ed una sorella, uccidere la seconda madre, la step mother (matrigna suonerebbe da strega per una povera donna che non c’è più e di cui sappiamo solo che era una special education teacher, una che si dedicava all’educazione di bambini disagiati). E poi sappiamo che l’arma del delitto, una pistola, era in quella casa “illegalmente”. Cosi ha detto lo sceriffo di Elkmont, paesucolo di quattrocento anime sperso nell’Alabama al confine col Tennessee. Uno di quei posti che non si sa nemmeno che esistono finché non vi succede qualcosa di tragico. Altroché Sweet home, Alabama.
Certo, quell’arma non avrebbe dovuto esserci, non avrebbe dovuto essere a portata di mano di una creatura poco più che bambino. Ma non siamo ipocriti, alzi la mano chi pensa che tutta la questione stia lì. È per questo che un giovinetto ha sparato, ucciso quelli che avrebbero dovuto essere (e forse lo erano!) i suoi cari per poi andarlo a dire alla polizia?
Solo in agosto cinquantatré vite sono state obliterate da sparatorie che sanno solo di follia. Che altro sapore potrebbe mai avere questo continuo bagno di sangue? Perché questa strage di Elkmont? Appena tre giorni fa Midland e Odessa, ieri Elkmont. Perché?
Nessuno sa ancora niente, e credo che in fondo non lo sappia neanche quel ragazzino che ha cancellato la vita della sua famiglia e con essa strapazzato, violentato per sempre anche la sua. Chi uccide un altro uccide anche il cuore proprio. Uccidere a 14 anni, non in guerra, ma vivendo in un’apparente pace. Una pace fatta di niente, di vuoto, un vuoto che dà le vertigini. Di che cosa viveva questo ragazzino? Che cuore gli è cresciuto nel petto in questi quattordici anni, dove ha viaggiato la sua mente, che cosa ha avvizzito il suo desiderio di vivere al punto da fargli fare chissà con quale coscienza quel che ha fatto?
Perché anche lui, come i suoi familiari che ha ucciso, come me e te, è fatto per la vita. Siamo tutti fatti per la vita, anche se non c’è uno a cui la vita basti fino in fondo. Ma di fronte a questa esperienza inevitabile della vita che non basta mai, la nostra libertà ci fa smarrire facilmente. Ci fa venir voglia di lasciar perdere, mollare. E la banalità del male prende il sopravvento. A meno che qualcuno ci prenda per mano e ci voglia bene. Chissà cosa ha ricevuto questo piccolo dell’Alabama nei quattordici anni che lo hanno portato fino al gesto di ieri. Cosa avrà ricevuto dai suoi, certamente, ma anche tutto il vuoto ed il niente che avrà ricevuto da questo mondo. Disgraziato. Un ragazzino disgraziato, senza Grazia, un ragazzino che ha perso l’altrui grazia o forse non l’ha mai ricevuta.
Portiamo via dal mondo queste maledette armi, ma chi ha ricevuto l’altrui grazia impari a farne dono a tutti.
God Bless America