Alain Elkann e il viaggio da incubo in treno con i lanzichenecchi
Nella giornata di ieri è diventato virale, piuttosto velocemente, un articolo pubblicato su Repubblica con la firma di Alain Elkann, padre di John, editore del gruppo Gedi, intitolato “Sul treno per Foggia con i giovani ‘lanzichenecchi'”. L’articolo, presentato come un “breve racconto d’estate”, è stato pubblicato a pagina 29, nella parte del quotidiano cartaceo dedicata alla cultura, come se si trattasse di una storiella inviata in redazione.
Eppure, quello che racconta Alain Elkann non è affatto una “storiella”, e (per lui almeno) non ha avuto alcun risvolto positivo. Lo scrittore racconta di come si è trovato su un treno Italo, da Roma a Foggia, “in una carrozza di prima classe”. Per malaugurata sorte, però, il 73enne si è trovato seduto di fianco a “un ragazzo che avrà avuto 16 o 17 anni. T-shirt bianca con scritta colorata, pantaloncini corti neri, scarpe da ginnastica di marca Nike, capello biondi tagliati corti, uno zainetto verde” e come se non bastasse “non portava l’orologio“, neppure un Casio da 4 soldi, non necessariamente un Rolex.
Ma l’incubo di Alain Elkann non si è fermato lì, perché, mentre lui era vestito “malgrado il caldo, molto stazzonato in lino blu e camicia leggera”, intento a leggere i giornali più importanti del momento “il Financial Times, New York Times e Robinson” e il suo amato “secondo volume delle Recherche du temps perdu di Proust” e si apprestava ad estrarre “un quaderno su cui scrivo il diario con la mia penna stilografica”, i giovani lanzichenecchi si sono messi a parlare. “Di calcio, giocatori, partite, squadre, usando parolacce e un linguaggio privo di inibizioni“, finché l’inorridito Alain Elkann non ha sentito che parlavano di andare “a cercare ragazze nei night“.
La reazione della redazione di Repubblica alla “denuncia” di Alain Elkann
Insomma, per Alain Elekann il viaggio in treno con Proust sarebbe stato rovinato da quei giovani e scanzonati lanzichenecchi, “totalmente indifferenti a me, alla mia persona, come se fossi un’entità trasparente, un altro mondo. Ero inesistente, una sorta di marziano che veniva da un altro mondo”. Una denuncia a tutti gli effetti, alla quale sono (forse ovviamente) seguite pesanti critiche da diverse parti del paese, e soprattutto dagli altri, effettivi, giornalisti di Repubblica.
In una nota, infatti, il comitato di redazione ci ha tenuto a prendere le distanze dello scritto di Alain Elkann, sottolineando che “considerata la missione storica che si è data Repubblica sin dal primo editoriale di Eugenio Scalfari, missione confermata anche ultimamente nel nuovo piano editoriale dove si parla di un giornale ‘identitario’ vicino ai diritti dei più deboli, e forti anche delle reazioni raccolte e ricevute dalle colleghe e dai colleghi, ci dissociamo dai contenuti classisti” esposti da Alain Elkann. “Per i quali”, conclude la nota, “peraltro siamo oggetto di una valanga di commenti critici sui social che dequalificano il lavoro di tutte e tutti noi, imperniato su passione, impegno e uno sforzo di umiltà”.
Il commento di Conte e di Sgarbi
Contestualmente alla nota di Repubblica, e alle pesanti critiche ricevute da Alain Elkann online, si sono esposti anche un paio di personaggi pubblici. Giuseppe Conte, con un post su Facebook, si chiede “in che mondo vive” lo scrittore, “non guardi questi ragazzi dall’alto in basso. Abbia la pazienza”, invita Conte, “di ascoltare questi ragazzi, a scambiare con loro qualche parola. Metta da parte i suoi pregiudizi, il suo stizzito sussiego”.
Differente, invece, la reazione di Vittorio Sgarbi, che ha deciso di appoggiare la denuncia di Alain Elkann, attaccando la redazione di Repubblica. La ritiene, infatti, “una grottesca censura“. Infatti, secondo il critico, “uno scrittore esprime malumore per il turpiloquio, il linguaggio privo di inibizioni, con le riflessioni sessiste dei giovani che parlano di cercare ragazze”, ma gli danno tutti contro. “Adesso è legittimo”, sostiene ancora il critico, “non sono sessisti. Hanno ragione loro ed Alain Elkann è classista. Improvvisamente le parolacce vanno bene. La cosa grave è la censura moralistica a uno scrittore”, conclude, “[che] ha detto la verità e ha raccontato il suo legittimo disagio. La dissociazione dei giornalisti è una grottesca forma di censura”.
L’articolo di denuncia di Alain Elkann
Ma davvero il papà di Lapo ha avuto il coraggio e il cattivo gusto di definire #lanzichenecchi dei ragazzi che andavano in vacanza in treno e parlavano tra di loro ignorandolo?#Elkann pic.twitter.com/rOl50aKBx0
— Ilaria (@IlariaBifarini) July 25, 2023