Alan Sorrenti non ha di certo bisogno di presentazioni. Con la sua “sempre verde” Figli delle Stelle ha scritto una pagina importante della musica italiana, ritagliandosi uno spazio tra i big della musica nostrana. Nel corso della sua vita, tuttavia, ha dovuto fare i conti con esperienze terribili ed estenuanti, come il carcere. Era il lontano 1983, quando finì in prigione con l’accusa, infondata, di spaccio di sostanze stupefacenti, dopo la denuncia della sua futura ex moglie Tony Lee Carland. “Quello fu episodio di gelosia folle della mia ex, che raccontò tutto al contrario e mi fece passare per uno spacciatore di droga“, la spiegazione di Alan Sorrenti ai microfoni de La Repubblica.



Il cantante sostiene che l’ex compagna volesse ferirlo: “C’era il desiderio di farmi male, ci sono relazioni che poi scoppiano, in realtà tra noi c’erano già le pratiche di divorzio. Fui al centro di una tempesta perfetta, il ciclone che coinvolse per altre vie anche Tortora. A Rebibbia in quei 33 giorni c’erano i camorristi della Nuova Famiglia, nell’ora d’aria incontravo spesso anche Ali Agca, che aveva sparato al Papa. Fu un’esperienza molto forte”.



Alan Sorrenti, il dramma del carcere superato grazie alla fede: “Così ho ritrovato la testa”

Alan Sorrenti, per quanto concerne il periodo in carcere, riuscì a chiarirsi con la giustizia. Per farlo si appigliò alla fede, come rivelato dallo stesso cantante sulle pagine di Repubblica: “Non ero uno spacciatore anche perché in quel periodo guadagnavo molto, non ne avevo certo bisogno. La testa l’ho poi ritrovata solo grazie al buddismo”. Dal carcere al successo di Figli delle Stelle, un brano talmente famoso e popolare che divenne un film, “Figlio delle stelle”, di Carlo Vanzina.



“Non so come arrivammo a quel film. Scrissi io il soggetto, prevedevo ciò che mi sarebbe successo, era un mondo limitato e mi stavo allontanando un po’ troppo. In una sorta di musicarello ci sono però momenti belli, come il dialogo tra me e il produttore, il fabbricatore dei sogni”.