Se ne parlava all’epoca, se ne parla oggi e probabilmente si continuerà a discutere di quella “Lettera su Dio” scritta da Albert Einstein il 3 gennaio 1954, un anno prima di morire: la lettera dove traspare tutto l’ateismo “particolare” del grande genio tedesco era indirizzata a Eric Gutkind, filosofo ebreo tedesco autore del libro “Scegli la Vita: la chiamata biblica alla rivolta”. Nel 2018 la lettera di Einstein è stata venduta all’asta da Christie’s a New York per quasi tre milioni di dollari e oggi torna d’attualità con l’analisi del quotidiano Startmag.it in merito a quel passaggio tanto famoso quanto “polemizzato”, «Non credo in un Dio personale».
Secondo lo scienziato scampato dalla persecuzione nazista, «La parola Dio per me non è altro che l’espressione e il prodotto della debolezza umana, e la Bibbia una collezione di venerabili ma nonostante tutto piuttosto primitive leggende. Nessuna interpretazione, di nessun genere, può cambiare questo (per me)». E non solo, sempre nella “Lettera su Dio” sottolinea «Per me la religione ebraica è, come tutte le altre religioni, l’incarnazione di una superstizione primitiva. E il popolo ebraico, al quale sono fiero di appartenere e con il quale ho un’affinità profonda, non ha una forma di dignità diversa rispetto ad altri popoli». Sdegno, accuse, tentativi di farlo “ritrattare” non si contano nel corso della storia eppure Einstein ribadiva come la sua particolare religiosità «non conosce dogmi né dèi concepiti a immagine dell’uomo. Non vi può essere alcuna Chiesa che fondi su di essa la propria dottrina. È perciò tra gli eretici di tutti i tempi che noi troviamo uomini penetrati di questa superiore religiosità».
IL PARADOSSO E L’ATEISMO
Dai cristiani agli ebrei, non piacquero le teorie di Einstein sulla religione e venne a seconda delle volte definito ateo, deista, panteista o semplicemente agnostico. La verità dove sta? Ebbene, invece che provare “voli pindarici” e “interpretazioni” tentate per “tirarlo per la giacchetta”, proviamo a leggere ancora Einstein: «Credo nel Dio di Spinoza, che si rivela nell’ordine armonioso della natura, non in un Dio che si cura dei destini e delle azioni umane». Come già evidenziava anni fa Antony Flew – ateo scienziato convertito sul finire della sua vita al cristianesimo – non bisogna “far dire” ad Einstein quello che si desidera, ma solo constatare un fatto: «gli mancò l’incontro cristiano», anche se lo stesso Einstein commentava in una intervista del 1929 con queste testuali parole «Nessuno può leggere i Vangeli senza sentire la presenza attuale di Gesù. La sua personalità pulsa ad ogni parola. Nessun mito può mai essere riempito di una tale vita».
E ci risiamo, la verità dove sta? La risposta non l’abbiamo come non l’aveva Einstein anche se uno possibile spunto di riflessione ce lo offriva addirittura nel 2012 lo scienziato Mario Gargantini su queste stesse pagine: «Il personaggio è universalmente noto per il suo linguaggio spregiudicato, per il gusto del paradosso e delle affermazioni a effetto; ciò lo portava spesso, quando si muoveva sul terreno non strettamente scientifico, anche ad incorrere in contraddizioni […]. Non stupisce più di tanto quindi quel suo giudizio di “infantilismo”, che non è tanto un segno di svalutazione delle religioni quanto un giudizio pesante sul modo “infantile” da parte di molti credenti di aderire a una fede religiosa. Considerando nel loro complesso i numerosi riferimenti alla religione e al “Grande Vecchio”, come confidenzialmente Einstein si riferiva a Dio, è difficile non riconoscere che la bilancia pende decisamente dalla parte di una posizione di profonda religiosità». Un paradosso continuo che pone Einstein in una posizione di dubbio e domanda, piuttosto che di netta “cesura” come traspare dalla “Lettera su Dio”: chiosando con le parole di un altro scienziato come Friederich Dürrenmatt, «Per Einstein, Dio ha un significato profondo, anche se difficile da afferrare, e non costituiva un tema senza importanza, né per la sua vita, né per la sua attività di scienziato. Si trattava di qualcosa profondamente radicato nella sua vita e nel suo pensiero».