Alberto Angela celebra i suoi primi trent’anni di carriera da divulgatore: un traguardo prestigioso, che neppure lui immaginava un giorno di potere tagliare. Lo confessa nell’ambito di un’intervista rilasciata a “Il Venerdì di Repubblica”: “Non avrei mai pensato di fare questo mestiere e di arrivare a questo punto. Nella vita ho fatto tante cose. Sognavo di fare l’oceanografo, volevo studiare gli squali. Il mio mito era Jacques Cousteau, ero attratto dall’esplorazione. Poi a Napoli vidi un ricercatore giapponese chino su un microscopio ottico che guardava le alghe. Capii allora che fare l’oceanografo non voleva dire solo fare immersioni”.
Quando era un adolescente, Alberto Angela aveva la passione del disegno, ma raffigurava solo uomini preistorici e dinosauri. Poi, “da grande”, si è laureato in Scienze naturali alla Sapienza di Roma e ho indirizzato gli studi verso la Paleontologia umana. “Non ho mai ipotizzato di fare il giornalista. Mi considero un ricercatore prestato alla televisione, ho avuto la fortuna di fare gli scavi con i più grandi archeologi. In Congo ho volato sui vulcani in eruzione, ho convissuto con le formiche legionarie. Ti trovi in luoghi dove l’orologio non ha senso, devi solo stare attento: tutto punge morde o taglia”.
ALBERTO ANGELA: “VI SVELO IL MIO SEGRETO…”
Dopo gli esordi televisivi accanto a suo padre Piero (“All’inizio non mi voleva in trasmissione, poi mi ha accettato”), la carriera da divulgatore di Alberto Angela è letteralmente decollata: qual è il segreto di questo successo? “Le parole. Non devi seguire uno spartito, ma fare una jam session, utilizzare il movimento: io cammino, non mi fermo mai. E parlo”, afferma all’inviata de “Il Venerdì di Repubblica” il 57enne, che sottolinea come la televisione non l’abbia cambiato: “Sono come Ulisse che si mette la cera nelle orecchie. Lavoro, studio, il resto è un mondo di plastica. Ma siamo animali sociali, ci pettiniamo la mattina per essere accolti nel gruppo, le dinamiche di gruppo sono fortissime”. Quanto al suo ruolo di sex symbol (sul web quasi non si contano i fan club a lui dedicati), lui sorride: “Nessuno da ragazzo diceva che ero bello. Nella comunicazione vale l’insieme, l’aspetto fisico non è fondamentale. Conta la lunghezza d’onda che crei, la parola chiave è empatia. Alcune cose mi fanno piacere, oggi i social amplificano tutto. Nella mia vita, però, più passi indietro che avanti. E silenzio. Parla il lavoro con la mia squadra formidabile”.