Alberto Genovese, condannato a sette anni di reclusione per due casi di violenza sessuale, per detenzione e cessione di stupefacenti e indagato per altri abusi, per intralcio alla giustizia e per detenzione di materiale pedopornografico, sta portando avanti un percorso di disintossicazione dalle droghe. È per questo motivo che ha voluto “ringraziare” gli esponenti della giustizia che hanno seguito il suo caso.



“Meno male che mi avete arrestato, perché così mi avete salvato dalla tossicodipendenza e dai miei errori”, questo come riportato da Il Giornale è ciò che avrebbe affermato di fronte ai pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini e alla procuratrice aggiunta Letizia Mannella nel corso di un’interrogatorio durato tre ore in merito al secondo filone di inchiesta che riguarda l’imprenditore di Milano. Il quarantaseienne ha inoltre ribadito che le terapie a cui si è sottoposto in clinica e in carcere a Bollate hanno dato i frutti sperati e che adesso è cambiato. È per questo motivo che vorrebbe ottenere gli arresti domiciliari o quantomeno l’affidamento a una comunità, ma finora entrambe le richieste sono state rigettate.



Alberto Genovese a pm: “Menomale che mi avete arrestato”. Il ruolo della droga

La droga ha certamente avuto un ruolo centrale nel caso di Alberto Genovese. L’imprenditore, durante i suoi festini, assumeva e faceva assumere alle sue vittime sostanze stupefacenti. L’imputato sostiene che sarebbero state proprio quelle ad alterare la sua percezione, al punto da non rendersi conto che le donne con cui aveva dei rapporti sessuali non erano consenzienti. L’accusa, tuttavia, rigetta completamente questa ipotesi, anche perché il modus operandi sembrerebbe che fosse sempre il medesimo.



Per quel che concerne le altre accuse, invece, pare che il quarantaseienne abbia parzialmente ammesso di avere detenuto materiale pedopornografico. Quest’ultimo era stato trovato dalla Polizia postale nel suo computer, custodito nella cartella La Bibbia 3.0.