Alberto Genovese rischia un nuovo processo. La procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per presunta evasione fiscale per l’ex imprenditore del web, in carcere per scontare una pena definitiva di 6 anni e 11 mesi per aver violentato due ragazze, dopo averle rese incoscienti con un mix di droghe, e a processo con rito abbreviato per altri presunti casi di abusi sessuali avvenuti col medesimo schema. Stando a quanto riportato da Rainews, la presunta evasione di Alberto Genovese sarebbe nel complesso di circa 4 milioni e 300mila euro e risalirebbe tra il 2018 e il 2019.



L’accusa era però emersa già in passato, infatti ci fu un sequestro dello stesso importo a carico di Alberto Genovese, per il reato di omessa dichiarazione dei redditi. Ora l’imprenditore ha la facoltà di richiedere il patteggiamento in udienza preliminare, poiché ha già risarcito il fisco. Invece, il 17 maggio comincerà per il 46enne il processo abbreviato in cui deve rispondere di intralcio alla giustizia e pedopornografia.



ALBERTO GENOVESE ACCUSATO DI EVASIONE: RISCHIA NUOVO PROCESSO

Il Giorno riferisce che, in base alle accuse di questo filone di indagini, che sono state condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza e coordinate dai pm milanesi Paolo Filippini e Rosaria Stagnaro, Alberto Genovese avrebbe usato tra il 2018 e il 2019 la holding Auliv «a scopo di evasione» fiscale, per «gestire i flussi finanziari derivanti dalle sue attività e partecipazioni societarie» e per «provvedere al reperimento delle risorse necessarie» per le sue esigenze «personali», tra cui «l’acquisto e la ristrutturazione della villa a Ibiza» per 8 milioni di euro e «beni di lusso e consumo».



Per quanto riguarda, invece, il processo abbreviato in cui l’imprenditore deve rispondere anche di intralcio alla giustizia e pedopornografia, la difesa di Alberto Genovese ha chiesto al giudice di secretare tutti gli atti e le immagini, in particolare video, che sono conservati nei fascicoli processuali, anche per il timore che vengano usati in un documentario sul “chemsex”. Lo precisa il Giorno, spiegando che nei prossimi giorni il giudice dovrebbe decidere.