ll Tribunale di Sorveglianza di Milano hanno motivato il no all’affidamento terapeutico per Alberto Genovese stabilito lo scorso 27 ottobre in rigetto dell’istanza della difesa. Secondo quanto riportato dall’Ansa, i giudici sarebbero concordi nel ritenere che l’ex imprenditore digitale, condannato a 6 anni, 11 mesi e 10 giorni di reclusione per due casi di violenza sessuale,”debba cambiare prospettiva di analisi, concentrandosi sull’analisi interiore e delle proprie parti ‘non sane‘”. In sostanza, secondo le valutazioni emerse, sussisterebbe il rischio recidiva e, avrebbero scritto i giudici, “sorprende e in qualche modo allarma che la sua paura sia quella di ricadere nell’uso di sostanze e non quella di reiterare delitti di natura sessuale connotati da estrema violenza“.



Alberto Genovese, 46 anni, dopo un periodo ai domiciliari in una clinica per disintossicarsi dalla cocaina, lo scorso 13 febbraio, in esecuzione della pena definitiva di cui è destinatario, era tornato in cella come disposto dal pm dell’Ufficio esecuzioni Adriana Blasco. Nel maggio scorso, la stessa Sorveglianza aveva stabilito che dovesse restare in carcere a Bollate per almeno altri 5 mesi, nelle more della decisione sulla richiestadella difesa che puntava all’affidamento in comunità. I giudici avevano anche chiesto una valutazione psichiatrica.



No all’affidamento terapeutico per Alberto Genovese: le motivazioni della Sorveglianza

Nel provvedimento di rigetto dell’istanza di affidamento terapeutico proposta dalla difesa di Alberto Genovese, emesso il 27 ottobre scorso dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, i giudici avrebbero messo nero su bianco alcuni nodi critici nell’approccio dell’ex imprenditore del web ai fatti che lo hanno portato alla condanna a 6 anni, 11 mesi e 10 giorni di reclusione per violenza sessuale su due giovani donne. 

I giudici Cossia e Gerosa, unitamente a due esperti, avevano richiesto anche una valutazione psichiatrica da parte dell’équipe del carcere di Bollate prima di decidere, e nelle conclusioni sul no all’istanza difensiva, riporta Ansa, avrebbero scritto che da parte di Genovese serve un “percorso di analisi, al momento, da ritenersi appena abbozzato e che invece questo Collegio ritiene di fondamentale importanza per poter esprimere una prognosi favorevole circa la futura astensione dalla commissione di reati, in particolare della stessa specie“. Al momento, stando alla lettura del Tribunale di Sorveglianza di Milano, l’orizzonte di un affidamento in comunità sarebbe “del tutto inidoneo sotto il profilo della prevenzione della recidiva, sia perché incentrato esclusivamente sulla sussistenza di una possibilità lavorativa“, che per Genovese non avrebbe “mai costituito un problema“, e sulla “prosecuzione di una psicoterapia individuale” che “si ritiene insufficiente“, sia perché “non sufficientemente contenitivo rispetto ad un soggetto responsabile di delitti connotati da estrema gravità che, ad oggi, non ha mai fruito di alcuno spazio di libertà“.