Alberto Genovese è stato scarcerato. Dopo oltre 8 mesi di carcere l’imprenditore, accusato di violenze sessuali ai danni di due ragazze stordite con un mix di droghe, va ai domiciliari. Ma non torna a casa: va in una clinica per disintossicarsi. Lo ha deciso il gip Tommaso Perna, che ha accolto la richiesta della difesa dopo che nei mesi scorsi due istanze simili erano state invece respinte. Alberto Genovese, per il quale la Procura di Milano ha chiuso recentemente le indagini, a breve uscirà dal carcere di San Vittore. Ci era finito il 6 novembre 2010 nell’inchiesta della Squadra mobile di Milano con l’accusa di aver stuprato una 18enne il 10 ottobre a Milano nel suo attico di lusso “Terrazza sentimento” e di una 23enne il 10 luglio a Ibiza, sempre dopo aver resa incosciente con un mix di droghe. Per questo secondo episodio è indagata anche l’ex fidanzata.



L’imprenditore, dunque, potrà avviare un percorso di cura e disintossicazione dalla cocaina. Ma per scongiurare il pericolo di fuga dovrà indossare un braccialetto elettronico per l’intera durata della permanenza nella struttura.

ALBERTO GENOVESE, DAL PROCESSO AI REATI FISCALI

I reati contestati ad Alberto Genovese sono violenza sessuale aggravata, anche di gruppo, lesioni personali e detenzione e cessione di sostanze stupefacenti. Nelle prossime settimane la Procura di Milano chiederà il rinvio a giudizio, quindi si arriverà davanti al gup. A tal proposito, non si esclude che l’imprenditore opti per il rito abbreviato, visto che così otterrebbe uno sconto di un terzo sulla pena e la possibilità di un processo a porte chiuse. Il Tribunale del Riesame, invece, di recente aveva accolto il ricorso della Procura in merito al sequestro per reati fiscali, che era stato bocciato dal gip, di 4,3 milioni di euro a carico di Alberto Genovese, ma ora tocca alla Cassazione. Nel frattempo, si attende che un perito, nominato dal gip su istanza della difesa, depositi nelle prossime settimane la sua relazione: sta infatti analizzando gli audio delle telecamere installate all’interno dell’attico “Terrazza sentimento“, perché la difesa ha chiesto di verificare se in quel festino di ottobre la ragazza possa aver manifestato un consenso.



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