Alberto Scagni, condannato per l’omicidio della sorella Alice Scagni avvenuto a Genova il 1° maggio 2022, è stato vittima di un pestaggio in carcere nella sezione “protetti” a Sanremo. Ad agire sarebbero stati altri detenuti e la madre, Antonella Zarri, ha ribadito a Chi l’ha visto? il suo parere sulla vicenda che ha visto il figlio finire in ospedale in gravi condizioni. Si tratta del secondo episodio di violenza dopo quanto Alberto Scagni avrebbe subito nel penitenziario di Genova Marassi da un compagno di cella.
“Non è in pericolo di vita, ma non avevo dubbi – aveva dichiarato la donna nell’immediatezza dell’aggressione a Repubblica –. Immagino che a loro serva vivo per picchiarlo ancora. Intendo lo Stato, che è responsabile di come viene trattato qualsiasi detenuto, compreso Alberto. Noi abbiamo sempre chiesto giustizia, qui ormai siamo alla vendetta. Ma non mi stupisce nulla, lo Stato ci aveva abbandonato anche prima, quando avevamo chiesto aiuto temendo esattamente quello che poi è successo. L’unica coraggiosa è stata Alice, che ormai non c’è più“.
La madre di Alice e Alberto Scagni a Chi l’ha visto?: “L’hanno massacrato almeno per tre ore”
Dopo la prima aggressione di Genova Marassi, Alberto Scagni era stato trasferito nel carcere di Sanremo dove, secondo il suo legale Alberto Caselli Lapeschi, avrebbe dovuto stare in cella da solo “perché è un soggetto in stato di seminfermità mentale come riconosciuto dalla Corte d’Asssise di Genova“. La difesa dell’uomo sottolinea come sia stato invece destinato a una cella con altre tre persone nella sezione protetti e, poche ore dopo il suo arrivo, due di loro si sarebbero scagliati contro di lui con violenza inaudita.
La madre di Alice e Alberto Scagni, intervistata da Chi l’ha visto?, ha ricostruito i contorni del brutale pestaggio ai danni del figlio: “L’hanno massacrato almeno per tre ore, detto dai detenuti, dalla penitenziaria e da Alberto quando si è svegliato, detto da tutti“. Secondo l’avvocato che lo assiste, “la prima responsabilità è stata metterlo in una cella con altri detenuti pericolosi, la seconda è che quando l’aggressione è iniziata, e si è protratta così a lungo, nessuno della polizia penitenziaria è intervenuto per ore“. Secondo la ricostruzione della famiglia e della difesa, Alberto Scagni sarebbe stato soccorso soltanto all’alba e dopo il trasporto in ospedale sarebbe stato sottoposto a due interventi chirurgici e a coma farmacologico per oltre un mese. La mamma e i consulenti sono poi entrati in quella cella per svolgere accertamenti irripetibili, trovandola in “condizioni raccapriccianti: “Ho visto letti capovolti, sangue… Era la prima volta che entravo in un carcere, ho pianto“, ha raccontato la donna descrivendo un quadro sconvolgente dei luoghi in cui si sarebbe consumata l’aggressione.