Antonella, mamma di Alberto Scagni, a Storie Italiane torna su quanto accaduto al figlio, che un anno fa ha ucciso la sorella: “Alberto stava male e noi abbiamo chiesto aiuto per lui. Noi dopo un anno ci chiediamo ancora perché la nostra famiglia non sia stata meritevole di aiuto da parte delle istituzioni dello Stato. Alberto non può stare meglio dopo un anno, continua ad essere folli. Il fatto che gli avvocati non siano stati in grado di farlo ragionare, credo che sia la dimostrazione che la capacità di intendere e volere sia fortemente scemata e senza cure non può tornare“.



La mamma e il papà avevano chiesto aiuto: “Noi avevamo bisogno del soccorso. Abbiamo chiamato il 112 per soccorso e non lo abbiamo avuto. Il Salute mentale ci ha dato delle informazioni errate su come comportarci con Alberto. Il 2 maggio, con nostra figlia appena morta, ci siamo chiesti cosa avremmo dovuto fare per salvare i nostri figli. È estremamente comodo ora dire che Alberto non è matto, in modo che nessuno risponda di ciò che ha fatto”.



Alberto Scagni, la mamma: “Deve essere curato”

Antonella, mamma di Alberto Scagni, prosegue a Storie Italiane: “Quando sono venuti gli agenti il 30 aprile di sera, io ho detto loro che avevo paura. E loro mi hanno detto ‘Non famola tragica’. Noi stiamo aspettando ancora risposte per la morte di nostra figlia. Il nostro cuore non è tagliato, è a pezzi. Abbiamo perso una figlia meravigliosa, abbiamo un figlio da curare. Siamo qui, abbandonati e additati come se volessimo che Alberto esca dal carcere. Alberto deve essere contenuto e curato, quello che abbiamo chiesto un anno fa. Siamo come un anno fa ma con due figli in meno”.



Ad Antonella, da parte di Alberto è arrivata una lettera, un foglio completo con scritte solamente due parole: “Solletico, pallavolo”. La mamma non si stupisce: “Questo è Alberto del primo maggio. È solo, aggravato dal carcere, scompensato rispetto a quando abbiamo chiesto il soccorso dello stato. Vogliamo aiutarlo a livello di salute. Nella sua mente potrebbero essere due parole collegate a sua sorella da piccola. I suoi deliri non potevamo denunciarli perché se non aveva commesso reati, cosa potevamo denunciare?”.