Il ruolo di Alberto Stasi nel delitto di Garlasco

Alberto Stasi da oltre 14 anni è, nell’immaginario comune degli italiani che hanno seguito e si sono appassionati al caso di cronaca nera, l’assassino di Chiara Poggi, morta ad agosto 2007 in quello divenuto noto come delitto di Garlasco. L’iter processuale che ha condotto alla condanna del ragazzo, che all’epoca aveva 24 anni ed era un laureando in economia, è stato contestato dallo stesso e dai suoi legali. Cerchiamo di fare chiarezza, allora, sul delitto di Garlasco e sulla condanna che ancora oggi grava sulle spalle di Alberto Stasi.



La vittima, Chiara Poggi, venne trovata il 13 agosto da Alberto stesso, che chiamò subito le forze dell’ordine. La scena del crimine era la casa della famiglia della vittima (dove lei era sola in quel momento mentre i suoi genitori erano in vacanza) che venne trovata piena di sangue. Il ragazzo, però, risultava perfettamente pulito dal sangue, senza tracce né sui vestiti, né sulla pelle e neppure sulle scarpe. Questo insospettì gli inquirenti che lo condussero in arresto, per poi rilasciarlo pochi giorni dopo per insufficienza di prove. 7 anni dopo, infine, venne condannato a 16 anni di reclusione, che ha quasi finito di scontare, professandosi per tutto questo tempo innocente.



Alberto Stasi: innocente o colpevole?

In merito alla presunta innocenza di Alberto Stasi, tra i primi a muoversi (oltre ai suoi legali, che tuttavia non possono impugnare la condanna, conferita in ultimo grado di giudizio) c’è stata la trasmissione Le Iene Show, che in questi anni ha prodotto ben due speciali sul caso, tra i quali uno è una lunga intervista a Stasi dal carcere. “Non ho nulla da rimproverarmi“, aveva raccontato in quell’intervista, “quando mi chiedono se ho ucciso io Chiara, penso che non sanno di cosa stanno parlando”.

“La mia coscienza è leggera”, aveva sostenuto Alberto Stasi dal carcere ai microfoni de Le Iene, “certo, ti senti privato di una parte di vita perché togliere la libertà a una persona innocente è violenza, però non hai nulla da rimproverarti, l’hai subita e basta, non è colpa tua”. Sui processi che ha subito dice che gli “sembrava di remare contro un fiume in piena andando controcorrente”, spiegando che “non c’era desiderio di cercare la verità” sulla morte di Chiara Poggi. “Sono stato assolto in primo grado, sono stato assolto in appello, sull’unica condanna il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha chiaramente detto ‘Non si può condannare Alberto Stasi'”, chiedendosi “che verità c’è in tutto questo?”.



Secondo lui la notte del suo primo arresto c’è stata fretta nel giudizio perché “non c’era motivo, ma il meccanismo si era messo in moto: era stato emesso un provvedimento, i carabinieri erano arrivati, i giornalisti erano già fuori dalla caserma. Mandare tutti a casa, in qualche modo, credo dispiacesse, e quindi venni accompagnato in carcere”. “Non si trattava più di svolgere un’indagine”, continua Alberto Stasi, “ma si trattava di salvare la propria carriera, la propria reputazione“.