La famiglia di Chiara Poggi ha appreso dal Corriere della Sera la notizia dell’uscita di Alberto Stasi dal carcere. In realtà, continua a dormire in cella, a Bollate, ma di giorno, da qualche mese, esce a lavorare. «Non lo sapevo, nessuno ce l’ha detto. Questo non è giusto, non è umano», dichiara Rita, mamma della ragazza uccisa a Garlasco nel 2007, a Il Giornale. Il dolore è ancora fresco, non passa mai. «Ma immaginiamoci cosa sarebbe accaduto, se il papà o la mamma di Chiara se lo fossero trovati davanti per strada», fa notare l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale dei Poggi.



La famiglia, comunque, sapeva che prima o poi sarebbe successo e non intende affatto discutere la legge. «Ma scoprirlo in questo modo è stato brutto. Noi non è che non siamo nessuno, siamo la parte offesa di questa storia, siamo la famiglia della ragazza che è stata uccisa. Non so in quale modo potevamo venire avvisati, a quale ufficio competesse, se doveva avvisarci il carcere o qualcun altro, ma sono sicura che un modo diverso da questo era possibile», aggiunge la signora Rita. Di fatto, Alberto Stasi dopo meno di sette anni può uscire dal carcere. «Cosa vuole che le dica… Purtroppo la legge è questa, la legge consente a un detenuto, a uno che è stato condannato, di ottenere dei benefici dopo un certo numero di anni. Gli anni sono passati e ha ottenuto i benefici. A noi, perché siamo i genitori, dispiace che chi ha ucciso Chiara dopo sette anni esca già dal carcere. Capisco la legge ma ci dispiace», commenta amareggiata la mamma di Chiara Poggi.



“ALBERTO STASI ASSASSINO? NESSUN DUBBIO”

Se Alberto Stasi ha la possibilità di uscire dal carcere è perché è stato condannato a 16 anni. Infatti, i giudici hanno escluso la premeditazione, anche se aveva portato con sé l’arma del delitto, che peraltro non è stata mai trovata. «Anche qui, abbiamo dovuto accettare quello che prevede la legge. Ha chiesto il rito abbreviato, ha avuto il diritto allo sconto di un terzo di pena (sospira, ndr). Per quel tipo di omicidio la pena è di 24 anni, meno un terzo fanno sedici… Cosa possiamo dire? La legge è questa, va bene. Però è difficile da accettare», dichiara la mamma di Chiara Poggi a Il Giornale. D’altra parte, non preferisce entrare nel merito dell’esclusione della premeditazione. «Non sono un avvocato, dico soltanto che è stato un processo approfondito, durato otto anni. A lasciarci l’amaro in bocca è solo la sua conclusione». Mamma Rita precisa che ha interrotto il rapporto con Alberto Stasi poco dopo la morte della figlia, quando hanno iniziato a capire cos’era successo. «Nei primi giorni non immaginavamo che potesse essere stato lui, ce lo siamo tenuti vicino anche ai funerali. Poi mentre le indagini andavano avanti e gli indizi emergevano abbiamo iniziato a renderci conto sempre di più che era stato lui. E prima ancora che lo arrestassero abbiamo deciso di non volerlo più vedere. Poi è arrivato il processo e abbiamo avuto la certezza definitiva». Eppure, c’è chi nutre dei dubbi sulla colpevolezza di Alberto Stasi, non la famiglia di Chiara Poggi. «Io ho seguito tutte le udienze del processo, non me ne sono persa neanche una. Quindi posso dirle che la sua colpevolezza non è un mio convincimento, è una certezza che emerge in modo inequivocabile dagli atti», conclude Rita.



ALBERTO STASI, RISARCIMENTO “IN CORSO”

Quel che lascia perplesso l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, da sempre legale di parte civile della famiglia Poggi, è che questo percorso lavorativo intrapreso da Alberto Stasi possa consentirgli una rielaborazione del male fatto. «Ci auguriamo che possa essere così, ma a oggi non si è visto da parte sua nessun segnale di resipiscenza. È necessario qualcosa di più del risarcimento», ha dichiarato a La Nazione. A tal proposito, una transazione impegna Alberto Stasi a versare 700mila euro. Finora ne è stata liquidata solo la metà e Stasi verserà ogni mese 300 euro. «Per il lavoro esterno si tratta non di un beneficio, ma di un diritto riconosciuto a tutti i detenuti che ne abbiano i requisiti», precisa il difensore Giada Bacellari. Lo prevede il trattamento penitenziario italiano. «Ricordiamoci che Stasi è stato processato e che in fase esecutiva della pena sono centrali la persona del detenuto e il suo reinserimento sociale». Il fine pena è nel 2030, ma per buona condotta, con lo scomputo di 45 giorni di liberazione anticipata ogni sei mesi, lo può anticipare nel 2028, con possibilità di chiedere l’affidamento in prova dal 2025.