La mancanza di libertà, la solitudine e la carenza dell’elemento sociale e relazionale, fondamentale – assieme al calore familiare – per non gettare l’umano nella voragine delle proprie angosce e paure: il lockdown ha generato non poche problematiche in questo funesto 2020 alla cittadinanza italiana, specie per chi magari viveva già in contesti difficili (per lavoro, domicilio e famiglia) prima della pandemia. E così che però sorgono “nuove” epidemie, magari più nascoste e silenziose, ma ugualmente tremende: ne ha parlato oggi lo psichiatra e scrittore Claudio Risé nel suo “Sguardo Selvatico” della domenica sul quotidiano “La Verità”, «ennesima piaga da lpckdown, chiusi in casa beviamo di più».



È infatti l’alcolismo – e il suo abuso “esploso” durante i mesi degli “arresti domiciliari” imposti per sicurezza dal contagio Covid – il tema primario dell’analisi di Risé sulla situazione sociale attuale e sui potenziali rischi per il prossimo futuro: «l’epidemia di alcolismo che si è alzata all’ombra protettrice dei confinamenti, unico strumento, oltre alla paura, con cui la politica ha pensato di gestire il Covid 19», scrive lo psicanalista di fama nazionale, dando piena responsabilità alle scelte del Governo che non ha colto in tempi rischi e disastri di una permanenza forzata in casa per troppo tempo continuato.



L’EPIDEMIA “NASCOSTA” DAL LOCKDOWN

Secondo Risé, che si fonda sui dati della ricerca su “Alcologia” prodotta dalla Società Italiana di Alcologia, «non si può curare un’epidemia, per giunta di un virus psicoattivo, senza tener conto delle conseguenze psicologiche delle misure che si prendono. Il chiudersi in casa non fa parte degli istinti umani: l’uomo è fatto per camminare, muoversi, incontrare». Per lo scienziato, oltre a percorsi psicologici che andavano preparati e proposti per tempo ai cittadini assieme alle indicazioni su confinamenti e mancati spostamenti, è anche un accompagnamento “igienico” che è completamente mancato da parte della autorità: «come organizzare il tempo, come rimanere in movimento anche in casa, ma soprattutto come mangiare e bere, pilastri della salute e della prevenzione in qualsiasi epidemia, a cominciare dal Covid». Per Risé il lockdown imposto, non spiegato e continuato, ha rischiato di produrre – e purtroppo ha prodotto in molti casi – danni maggiori dei benefici: a cominciare dalla depressione dilagante e in alcuni frangenti anche dall’esplosione dell’alcolismo.

«Negli ultimi mesi il consumo di alcol è salito – spiega Risé citando l’Istituto superiore di sanità, – fino al 200%. Quello che è aumentato di più è poi il consumo nelle categorie già esposte per il loro abuso di alcool alle più gravi patologie: epatiche, tumorali, circolatorie, psichiche», sottolinea ancora delineando casi tanto in persone adulte quanto sui giovani. Lo stile di vita e la politica che non comprende i problemi le due “malattie” immediatamente da curare, conclude Risé dopo aver snocciolato dati inquietanti sulla diffusione dell’alcolismo in Italia (anche ben prima del Covid, ndr): misure miopi che non tenevano conto dei problemi esasperati, un Governo che si concentrato solo sulla pandemia dimenticando tutto il resto, «ma quando i giovani che durante il primo lockdown erano diventati dipendenti da alcol bevendolo in casa dove non sapevano che fare hanno finalmente potuto uscire e sono andati a bere con gli amici all’aperto, sono stati additati come untori pazzi e irresponsabili da autorità le cui provviste finanziarie provengono in parte notevole dall’alcolismo della popolazione».