Sono trascorsi 44 anni dall’agguato di via Fani, nel quale Aldo Moro, presidente della Dc, fu sequestrato dalle Brigate Rosse e i suoi cinque uomini di scorta furono trucidati da un commando di terroristi delle Brigate Rosse. Era il 16 marzo 1978 e lo statista pugliese aveva lasciato in automobile la sua casa di via Forte Trionfale e stava recandosi alla Camera dei deputati per il voto di fiducia che avrebbe segnato l’inizio del quarto governo guidato da Giulio Andreotti, a seguito dell’apertura della maggioranza parlamentare democristiana nei confronti del Partito comunista italiano di Enrico Berlinguer.
Mentre percorreva via Fani, alle 9.02 la Fiat 130 dell’onorevole Aldo Moro fu bloccata da una Fiat 128 di colore bianco, con targa del Corpo diplomatico, che gli si posizionò di fronte. Era una trappola, nella quale perirono cinque servitori dello Stato. Si trattò di Oreste Leonardi, maresciallo dei carabinieri e responsabile della sicurezza di Aldo Moro; Domenico Ricci, appuntato dei carabinieri e autista del politico pugliese; Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino, poliziotti che furono investiti da un muro di circa 100 proiettili.
ALDO MORO: L’AGGUATO DI VIA FANI, IL RAPIMENTO DELLE BR E LA MORTE
Stando a un lavoro di ricerca eseguito dai giornalisti Romano Bianco e Manlio Castronuovo, furono almeno ventiquattro i testimoni oculari dell’agguato di via Fani, che segnò l’inizio della fine per Aldo Moro. Uno di essi, Pietro Lalli, “riconobbe in uno degli assassini una persona particolarmente addestrata nell’utilizzo delle armi, perché notò la maniera disinvolta con cui impugnava il mitra […], tenendo la mano sinistra sulla canna per evitare che si impennasse e apparendo allo stesso tempo freddo e deciso nei movimenti”.
Al tempo stesso, Aldo Moro, di fatto candidato alla presidenza della Repubblica quell’anno, fu ucciso a distanza di 55 giorni dal suo rapimento dai terroristi delle Brigate Rosse. Com’è tristemente noto, purtroppo, il suo corpo esanime fu ritrovato rannicchiato e crivellato di colpi nel bagagliaio di una Renault 4 parcheggiata in via Caetani, a Roma, nella mattinata di quel 9 maggio che ha sconvolto l’Italia intera.