Tra i tanti misteri legati al rapimento e alla morte di Aldo Moro ce n’è uno che riguarda un referto che è stato snobbato nei processi, in cui si parla di quattro fratture. A evidenziarlo è il generale Piero Laporta in un libro, “Raffiche di bugie“, in cui mette in dubbio anche la dinamica del rapimento dello statista. Ad esempio, non sarebbe stato rapito in via Fani quel 16 marzo del 1978, al culmine di un’azione militare impressionante. L’ipotesi, riportata da Silvana De Mari sulle colonne della Verità, è che Aldo Moro sia stato prelevato prima per proteggerlo. Dei 91 bossoli ritrovati, 49 sarebbero stati sparati da un tiratore mai scoperto e 42 da sei brigatisti senza capacità militari, ma risulta strano che siano stati sparati così tanti colpi con la certezza di non colpire l’ostaggio. Lo stesso Aldo Moro in una delle lettere fatte ritrovare, indirizzata a Francesco Cossiga, parlò di «prelevamento», quindi non usò la parola rapimento.



Tra le altre domande senza risposta quella che riguarda la strage della scorta: perché perdere tempo prezioso per finirli tutti, se non avevano risposto al fuoco, visto che le armi erano nel bagagliaio? Un altro particolare che risulta inconcepibile. A proposito dell’autopsia, ci sarebbero delle lacune: dalla mancata biopsia sugli “orletti contusivi” a quella sul callo osseo delle fratture costali per chiarire quando furono inflitte le lesioni e se furono sincrone. Alcune, infatti, potrebbero essere state inflitte dopo la morte di Aldo Moro. Non si può definire l’orario del decesso, in quanto manca la descrizione del fenomeno della migrazione delle ipostasi stabili o parziali. Non furono neppure segnati gli spari sui vestiti per verificare la corrispondenza che i segni sulla pelle, mancano l’esame tossicologico e pure gli approfondimenti per verificare eventuali infiammazioni dovute alle fratture, anche per chiarire la loro tempistica.



IL GIALLO DELLE COSTOLE FRATTURATE DI ALDO MORO

Le stranezze sono diverse, come quella delle quattro costole rotte che non sono mai finite nelle carte processuali. Anzi, quando ne parlò il settimanale L’Europeo nel 1979 fu subito sequestrato. Silvana De Mari sulle colonne della Verità si chiede se il legale della famiglia Giuliano Vassalli abbia mai fatto accenno di ciò alle Commissioni parlamentari e all’autorità giudiziaria, o se i verbali siano stati secretati dopo averlo fatto. Eppure, i verbali dell’autopsia sono a disposizione della procura di Roma dal 1979, quindi andrebbe capito perché non sono stati diffusi nei processi e nelle inchieste parlamentari. Peraltro, delle fratture non viene indicato dove sono collocate, come siano disposte e se il trauma sia contemporaneo, eppure sono aspetti importanti. Ad esempio, se ci fosse contemporaneità allora potrebbe trattarsi di un trauma accidentali, altrimenti potrebbero essere atti di tortura. Non c’è neppure indicazione del tipo di frattura né la procura di Roma in quasi cinque decenni ha disposto una Tac sullo scheletro di Aldo Moro.



Nelle carte dell’autopsia non c’è neppure indicazione di un’interferenza dei colpi di arma da fuoco con le fratture alle costole. Secondo il generale Laporta, questo tipo di frattura si può ottenere anche con mazzetta e martello, quindi i colpi di pistola potrebbero essere serviti a dissimulare la tortura ai danni di Aldo Moro. Ipotesi, anche perché in pochissimi ne parlano, la cosa ancor più grave è che la questione non sia mai stata chiarita finora. “Questo orrore, celato nei cassetti della procura romana per 45 anni, affiora nel libro Raffiche di Bugie a Via Fani. L’assassinio di Matteotti è stato un gesto ignobile, un brutale assassinio di una dittatura brutale. La morte di Moro è stato un evento forse ancora più grave“, conclude Silvana De Mari sulla Verità.