Complice la pausa Nazionali, ormai il calcio italiano in questi giorni sembra avere un solo argomento di discussione: inevitabilmente, il caso scommesse. A parlarne è stato anche Aldo Serena, ex attaccante di Inter, Juventus e Milan, che ha rilasciato un’intervista a La Repubblica, nella quale ha parlato della questione, partita con Nicolò Fagioli, giovane centrocampista bianconero, ma ben presto arrivata a toccare anche altri club. L’ex giocatore non ha dubbi: non c’entra la ludopatia, tirata in ballo in questi giorni, soprattutto dagli avvocati della difesa. “Non credo sia solo ludopatia. Ho paura che la vicenda ci racconti qualcosa di più ampio sulla nostra società, qualcosa che ci riguarda come adulti e come genitori di persone sempre più fragili”, spiega.
Il problema di fondo, secondo Serena, è che “i giovani hanno tutto, arrivano in alto in fretta, alcuni hanno contratti ricchissimi e nessun bisogno di denaro. Eppure, corrono il rischio di farsi marchiare per sempre. Non sono i vecchi a fine carriera dell’80”. Per l’ex calciatore questo porta a conseguenze inevitabili: “Lo trovo sconvolgente, una deriva forse irrimediabile. Intere generazioni risucchiate da smartphone e tablet, ragazzi intrappolati lì dentro. E al campetto, i genitori cominciano a montarli con le illusioni, i soldi, la carriera. Ormai è un modo di interpretare la vita. E ogni rapporto è filtrato da questi aggeggi elettronici che sarebbe magnifici se non venissero usati solo così. È più difficile stabilire il confine tra lecito e illecito perché si trovano immersi in una realtà parallela. Tutto è virtuale, anche il sesso. La vita vera è curiosità, desiderio, gioco anche di corpi impazienti di scoprirsi, a quell’età specialmente. Questo invece mi sembra YouPorn, non amore”.
Aldo Serena: “Oggi i calciatori sono diversi”
Aldo Serena, sulle pagine de La Repubblica, ha affrontato il tema che tanto sta facendo discutere il mondo del calcio italiano in questi giorni: quello delle scommesse. Per l’ex attaccante anche un retroscena sul calcioscommesse che travolse il calcio italiano negli anni ’80: “Avevo 19 anni, ero al Como. Un giorno l’allenatore Marchioro ci radunò prima di affrontare il Palermo, e disse: “Ho sentito che circolano brutte voci su di noi. Ma se domenica vedo cose strane da parte di qualcuno, lo metto fuori a costo di finire la partita in sette”. Ero esterrefatto. Dopo pochi mesi, accadde quello che accadde. L’opacità esisteva anche allora”. Ricordiamo, però, che si trattava di un caso differente: all’epoca furono coinvolte in prima persona le società, cose che attualmente non sembra invece essersi verificata in Serie A.
Le tentazioni, comunque, non mancavano neanche allora nonostante fosse una società differente. “Noi avevano corpi e voci, parlavamo, però le tentazioni non mancavano. Un mio compagno di camera al Bari, durante i ritiri a una certa ora di sera andava a giocare forte a carte con altri. Una volta mi disse che si era bruciato lo stipendio di un mese, anche se non erano neppure alla lontana le cifre di oggi”, ha raccontato ancora Serena. Oggi, però, il calcio sembra cambiato irrimediabilmente: “Eravamo un gruppo di amici. Guardo i calciatori di oggi, bambini mai cresciuti, mentre scendono dal bus con le cuffie, immersi nei loro mondi: una scena che mi trasmette enorme solitudine. Qualche anno fa, ero con l’Udinese di Guidolin a Braga notai questi giocatori con le cuffie, silenziosi, forse perché circondati da una babele di lingue differenti”.