Aleandro Baldi – all’anno Civai di cognome – è uno di quegli artisti italiani che par alcuni anni sembrava dover prendere nelle sue mani l’intero sistema musicale del Bel Paese, salvo poi sparire (quasi) totalmente nel nulla: di lui si parlava soprattutto a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, quando fece il suo debutto sul palco di Sanremo giovani arrivando secondo, per poi conquistare l’Ariston nel 1994. Proprio in quella data va ricercata la ragione del suo passo indietro, dello sparire dai radar e dalle televisioni perché – sul palco giovanile sanremese – si affacciò un nuovo talento, anche lui (curiosamente) non vedente: Andrea Bocelli.



Parlando proprio di questa eterna (per così dire) ‘rivalità’ sulle pagine del quotidiano La Verità, oggi Aleandro Baldi ci tiene a rivendicare che – comunque – “Bocelli con ‘Con te partirò‘, arrivò quarto”, per sottolineare che la sua fortuna si deve soprattutto al fatto che “mentre io avevo una casa discografica un po’ più ostile nei miei confronti, lui aveva persone (..) che credevano in lui e l’hanno fatto andare all’estero“, dove ottenne un enorme successo.



Aleandro Baldi: “A causa di Bocelli non sono diventato famoso, ma non è colpa sua”

E così – spiega ancora il cantautore fiorentino nella sua intervista a La Verità – “avendo lui successo all’estero, in Italia si arrogarono di dire che il cantante non vedente per eccellenza è lui“, al punto che la commissione artistica di Sanremo “[diceva] questo: ‘Noi vorremmo Bocelli, Aleandro non ha fatto successo nel mondo e quindi non lo vorremmo’”.

Sul perché lui e Andrea Bocelli non potessero convivere nello stesso ambiente musicale, Aleandro Baldi sostiene che “in Italia non siamo ancora maturi. La gente ha sempre bisogno di un solo leader e in quel momento (..) il leader tra i non vedenti era lui”; ma per attenuare un po’ i bollenti spiriti sostiene anche che “l’ho conosciuto [e] abbiamo una certa amichevolezza“.



Ma soffermandosi ancora sullo star system italiano in generale precisa anche che “non mi ha mai dato [felicità]. Alla fine della storia, la gente mi deve ancora conoscere. Non perché non sia bravo, ma per la mia persona”. Così come Aleandro Baldi non fatica a dire che il successo “mi ha tolto il tempo per vivere le emozioni private, nella quantità delle persone che, dopo, ti porta a dire sempre le stesse cose, come un libro stampato”.