E’ estremamente preoccupato il presidente della Serbia, Aleksandar Vucic, e lo ha chiaramente manifestato parlando di “giorni difficili che attendono il nostro Paese”. Un monito effettuato attraverso un post pubblicato sui suoi canali social, per informare il popolo serbo. “Nelle ultime 48 ore hanno ricevuto notizie che non è facile dire in questo momento”, ha aggiunto Vucic, precisando che “Essi mettono direttamente in pericolo gli interessi nazionali vitali sia della Serbia che della Republika Srpska (due entità in Bosnia ed Erzegovina). Sarà difficile, la più dura di sempre. Lotteremo. La Serbia vincerà”. Un messaggio criptico, sottolinea l’Huffington Post, quello pubblicato su Instagram dal capo di stato della Serbia, in quanto non è ben chiaro a cosa si riferisca.
I colleghi dell’Huffington provano quindi a fare delle ipotesi, a cominciare dalla citata Republika Srpska, che fa quindi pensare al Kosovo, nazione che la Serbia vorrebbe riportare sotto la sua giurisdizione. Un grido di allarme che tra l’altro arriva a due mesi dal nuovo voto che deciderà chi governerà Belgrado. Giorgio Fruscione, analista dell’Ispi ed esperto del mondo balcanico, aggiunge: “Vucic usa sempre questo tono e queste parole melodrammatiche, facendo spessissimo riferimento al periodo difficile di fronte cui si troverà il paese”, una dialettica che si ripresenta spesso e volentieri “quando deve annunciare nuove misure economiche, o i colloqui con Bruxelles, o per ragioni interne, o per reprimere l’opposizione”.
ALEKSANDAR VUCIC: “PER LA SERBIA SARANNO GIORNI DIFFICILI”: L’ANNIVERSARIO DEI BOMBARDAMENTI IGNORATO
Per Fruscione c’è un triplice riferimento che spiegherebbe l’esternazione del presidente serbo: “La prima riguarda il fatto che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non ha voluto accogliere la proposta della Russia sul 25° anniversario dei bombardamenti della Nato a Belgrado”, richiesta che è stata votata solo da Russia, Cina e Algeria, provocando l’ira della Serbia: “È sorprendente che alcuni non vogliano ascoltare la verità su quanto avvenuto venticinque anni fa”, le parole del ministro degli Esteri Ivica Dacic.
“Siamo venuti qui non per parlare dei rapporti fra Russia, America e Francia, ma dell’aggressione alla Jugoslavia sferrata senza il mandato di questo organismo, che ha rappresentato un precedente. Quell’aggressione – ha aggiunto – rimarrà sempre un crimine che non potremo dimenticare”. Il secondo motivo riguarda i cambiamenti che potrebbe subire la Bosnia, e a riguardo l’Huffington cita i poteri speciali dell’Alto rappresentante internazionale Christian Schmidt fra cui anche quello legislativo, che permette di modificare la legge elettorale e verso cui il presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, è tutt’altro che favorevole: “Se vi saranno iniziative in tali campi, adotteremo delle misure e abbiamo già detto quali intendiamo prendere”, ovvero la secessione.
ALEKSANDAR VUCIC: “PER LA SERBIA SARANNO GIORNI DIFFICILI”: IL CASO DEL KOSOVO
Fruscione precisa che “le riforme elettorali dell’Alto rappresentante non sono un attacco diretto alla Republika, ma sono modifiche molto tecniche e specifiche che interessano il processo di trasparenza di voto. Non è un intervento su chi elegge chi o su come si elegge un determinato organo”. L’ultimo elemento riguarda il sopracitato Kosovo, alla luce delle mosse degli ultimi tempi che hanno innervosito Belgrado, come ad esempio la trattativa sui missili anticarro Javelin “che stanno arrivando dagli Stati Uniti”. C’è poi la decisione delle autorità kosovare di imporre alla minoranza serba l’utilizzo dell’euro al posto del dinar, mossa critica da Washington e Bruxelles.
“Ci sarà un super meeting il 5-6 maggio per rilanciare il concetto della Grande Serbia e fare campagna elettorale per le amministrative, dove saranno presenti Dodik e il Patriarca della Chiesa Ortodossa Serba, Porfirije”, aggiunge ancora Fuscione per completare il quadro in cui inserire il messaggio criptico di Vucic. In ogni caso sarebbe un errore “sottostimare le minacce verbali” di Vucic, ricordando anche l’attentato di settembre nel Kosovo del nord in cui persero la vita 4 persone.