Nell’appartamento di Aleksander Kulisiewicz, dal 1980, sono state trovate 70.000 pagine di manoscritti, corrispondenze, lettere, diari, fotografie… Tutti documenti con un solo soggetto ricorrente: la musica nei campi nazisti. Sembra essere quasi un’ossessione per l’artista, imprigionato nel 1940 nel campo di Sachsenhausen, quando aveva appena 21 anni. Qui, l’incontro con 25 compagni che formavano un coro, quello che da quel giorno sarebbe diventato proprio il clandestino coro ebraico di Sachsenhausen.



Proprio qui, Kulisiewicz conobbe Rosebery d’Arguto, l’uomo che si nascondeva dietro il coro. Nato in Polonia e cresciuto a Berlino, era stato deportato nel campo di concentramento nel 1939. Era stato proprio lui a formare il coro. E quando Kulisiewicz gli chiese perché, lui rispose: “Potrei non vedere più le persone qui, sapendo che sono morte senza aver cantato insieme”. Due anni dopo, nel 1942, d’Arguto diete ad Aleksander la missione di salvare la musica nel campo.



Aleksander Kulisiewicz, il lavoro fuori dal campo

Le performance del coro di Sachsenhausen erano comuni e nascoste. Anche Kulisiewicz prese parte al coro, diventando un compositore e cantante. Nel 1942 d’Arguto fu mandato prima a Dachau, poi ad Auschwitz, dove morì. Così, a prendere il suo posto fu proprio Kulisiewicz, che fino al 1945, quando il campo fu liberato, scritte centinaia di pagine di musica di memoria, comprese 45 sue composizioni. Nel 1956 ottenne un lavoro nell’ufficio stampa centrale del Governo Comunista in Polonia, che gli diede la possibilità di viaggiare.

Quando arrivava in una nuova città, cercava l’associazione locale dei sopravvissuti ai campi, sperando di collezionare ancora nuove musiche o testimonianze. Inoltre, era solito inviare questionari ai sopravvissuti in Polonia e all’estero facendo domande sula musica nei campi e collaborando con scuole e ricercatori, specialmente nella Germania dell’Est. Oggi, tutti i documenti trovati a casa di Kuliewicz, si trovano nel museo a Bowie. Qui c’è il più completo archivio della musica nei campi nazisti: i tedeschi, durante la prigionia degli ebrei, usavano far cantare loro cori della Germania per umiliarli.