Alessandra Matteuzzi è stata uccisa pochi giorni fa a Bologna e il dramma rivive nei racconti di chi l’ha conosciuta e di chi ne ha intercettato la sofferenza come la cugina, Sonia Bartolini, che ne ha parlato ai microfoni dell’Agi. 56 anni e un grande amore per la famiglia, Alessandra Matteuzzi aveva una casa tutta sua e il sogno di un amore sereno, un desiderio infranto dopo l’incontro con l’uomo che sarebbe il suo assassino. La relazione con Giovanni Padovani, 27 anni, sarebbe finita aprendo all’abisso dello stalking e della paura, fino al peggiore dei finali. La donna è stata massacrata nel cortile del condominio in cui viveva, in via dell’Arcoveggio, e per l’omicidio è stato fermato proprio il 27enne, ex modello e calciatore che sarebbe stato trovato sulla scena del crimine con l’arma del delitto ancora in mano.
Arrestato nell’immediatezza del dramma, Padovani avrebbe tempestato di pressioni la vittima prima dell’agghiacciante epilogo, seguendola per mesi dopo la fine della loro relazione e assumendo condotte che l’avrebbero spinta a denunciarlo il 29 luglio scorso, a pochi passi dalla sua morte. La cugina di Alessandra Matteuzzi, Sonia Bartolini, ha raccontato all’agenzia di stampa gli ultimi mesi di vita della 56enne, tracciando un bilancio intriso di angoscia e apprensione per quella storia che sapeva di “amore malato” di cui oggi le cronache parlano a rotazione.
Omicidio Alessandra Matteuzzi, il racconto della cugina Sonia Bartolini: “L’avevo sgridata…”
La famiglia di Alessandra Matteuzzi non si dà pace e piange la morte della 56enne, uccisa a martellate sotto la sua casa di via dell’Arcoveggio a Bologna, ricordando le sue difficoltà degli ultimi tempi soprattutto per le pressioni che avrebbe subito dal 27enne Giovanni Padovani, ex compagno della vittima arrestato con l’accusa di aver commesso il femminicidio. A parlare della storia di Alessandra Matteuzzi è stata prima la sorella, Stefania, che si trovava al telefono con lei al momento della brutale aggressione sfociata nel sangue. Poche ore fa anche la cugina della vittima, Sonia Bartolini, ha raccontato alcuni dettagli della vita della donna sottolineando come, dietro la spiccata apparenza social, in realtà nascondesse la sua vera identità di persona intelligentissima e altruista. Alessandra Matteuzzi, secondo quanto raccontato dalla cugina all’Agi, “si presentava in maniera particolare e ammiccante sui social, ma la sua serietà e generosità non sono mai venute meno“. Parlando ancora della 56enne uccisa, la donna ha raccontato di averla rimproverata perché avesse più cura di se stessa: “Nell’ultimo anno e mezzo non era completamente Sandra, c’era stata una crisi, si era isolata tanto, io l’avevo sentita la settimana scorsa e l’avevo sgridata perché era dimagrita troppo (…). Era molto sofferente…“.
Sonia Bartolini, spiega Agi, è un avvocato impegnato nella lotta alla violenza e allo stalking e oggi si trova ad affrontare questo dramma nel cuore della sua famiglia. Con un pesantissimo bagaglio di interrogativi anche sul “cosa” sia accaduto, sul tavolo delle autorità, tra la denuncia della vittima, datata 29 luglio scorso, e l’omicidio. Perché Giovanni Padovani era libero di raggiungerla e colpirla? Una domanda che non riguarda soltanto il caso Matteuzzi e davanti a cui, troppo spesso, le vittime di violenza e i loro familiari si trovano impreparati a rispondere: i tempi di legge e le lungaggini delle procedure di tutela, se non la loro totale inefficacia, emergono sempre più frequentemente tra le cronache con il senno di un poi che non serve a evitare altre tragedie. Le misure per sostenere e aiutare le vittime di abusi e stalking appaiono così immerse nelle sabbie mobili di un meccanismo che si rivela talvolta inadatto e non correttamente calibrato rispetto all’entità del danno – presunto o potenziale – denunciato. “Il rischio, quando ci si rivolge direttamente ai carabinieri, è che poi i tempi si dilatino ma soprattutto che lo stalker possa sapere che tu vai in caserma“, ha sottolineato la cugina di Alessandra Matteuzzi.
Gli ultimi mesi di Alessandra Matteuzzi prima dell’omicidio: “Lui un diavolo”
Secondo quanto raccontato ancora dalla cugina di Alessandra Matteuzzi all’Agi, la 56enne avrebbe vissuto un’esistenza difficile negli ultimi tempi e non solo relativamente alla condotta ossessiva del suo ex, Giovanni Padovani. Sonia Bartolini ha dichiarato, infatti, che la 56enne si era trovata a gestire anche il dolore per la malattia del padre prima, “che lei ha sempre curato come un bambino“, e della madre, affetta da Alzheimer, poi. Alessandra Matteuzzi, secondo quanto descritto dalla cugina Sonia Bartolini, avrebbe sacrificato molto della sua vita per accudire i genitori, prima che l’incubo Padovani piombasse nella sua vita finendo per ucciderla.
Proprio per la sua bontà d’animo e per quell’altruismo che la contraddistingueva, ha raccontato ancora la cugina della vittima, Alessandra Matteuzzi non avrebbe visto”il diavolo che aveva davanti“. “Quando se ne è accorta ed è andata a fare la querela – ha aggiunto Sonia Bartolini –, era tardi“. La sorella della 56enne uccisa a Bologna, Stefania, aveva raccontato al Corriere della Sera il drammatico contenuto dell’ultima telefonata con lei, avvenuta proprio negli agghiaccianti istanti dell’aggressione: “Ho sentito delle grandi urla, ‘Aiuto, Giovanni, no!’, poi sentivo lui urlare. Solo grandi urla, fino a che non si è interrotta la comunicazione…”.