Si è conclusa poche ore fa la nuova udienza del processo per l’omicidio di Alessandra Matteuzzi che si celebra in Corte d’Assise a Bologna a carico dell’ex compagno della vittima, Giovanni Padovani. Secondo la ricostruzione dell’accusa, l’uomo l’avrebbe uccisa sotto casa la sera del 23 agosto 2022 colpendola con calci, pugni, martellate e persino una panchina al culmine di una serie di atti persecutori che avrebbero costretto la donna a rinchiudersi in casa poche settimane prima del delitto.



Quando mancano poche settimane alla fine del primo grado di giudizio, con verdetto atteso per il prossimo 12 febbraio, in aula la difesa dell’imputato, rappresentata dall’avvocato Gabriele Bordoni, avrebbe tirato in ballo la “tempesta emotiva”, passaggio di una contestatissima sentenza. “Un concetto espresso male, ma non del tutto sbagliato” ha dichiarato il legale difensore di Giovanni Padovani, riporta Ansa, nel tentativo di demolire la contestazione dell’aggravante dei motivi futili e abietti e richiamando il caso della pena dimezzata da 30 a 16 anni di reclusione per Michele Castaldo (sentenza poi ribaltata in appello bis e Cassazione) per l’omicidio della ex compagna Olga Matei. In quella occasione, a giustificare lo sconto e la temporanea concessione delle attenuanti generiche sarebbe stato il riconoscimento di una “soverchiante tempesta emotiva e passionale” determinata dalla gelosia che, secondo i giudici, avrebbe contribuito a lenire la responsabilità nel femminicidio.



L’accusa: Alessandra Matteuzzi era una “cosa” per Giovanni Padovani

La Procura di Bologna ha chiesto l’ergastolo per Giovanni Padovani, accusato di omicidio aggravato dallo stalking, dal vincolo del legame affettivo, dai motivi abietti e dalla premeditazione. Secondo l’accusa, l’imputato “era un maniaco del controllo, un controllo costante, asfissiante“. La vittima, secondo un passaggio dell’arringa del legale di parte civile Antonio Petroncini, “doveva accettare di essere un burattino, un pupazzetto nelle sue mani, una ‘res’ (cioè una ‘cosa’, ndr) perché Padovani fosse soddisfatto. E se Padovani non è soddisfatto non è che va via, che va su altri lidi, Padovani la ammazza“.



Per l’accusa, quindi, Alessandra Matteuzzi era considerata dall’ex compagno Giovanni Padovani semplicemente come “un oggetto” nelle sue mani, un quadro confermato anche dalla sorella della vittima che oggi si batte perché sia fatta giustizia. “Me l’ha massacrata, non è incapace di intendere e volere, è lucido e ha ucciso mia sorella“, ha ripetuto la donna davanti alle telecamere dei cronisti a margine della recente udienza.