“Richieste assurde” dall’ex compagno di Alessandra Matteuzzi, Giovanni Padovani, mesi prima dell’omicidio per cui ora è in carcere. A raccontarlo, con una testimonianza confluita agli atti dell’inchiesta sul delitto della 56enne avvenuto nell’agosto scorso a Bologna, sarebbe stato un investigatore privato contattato dall’indagato per controllare la vittima. La condotta di Padovani, descritta dal professionista agli inquirenti, secondo quanto riportato dall’Ansa, sarebbe stata particolarmente “ossessiva”.
Nel novembre 2021, Giovanni Padovani avrebbe cercato di ingaggiare l’investigatore privato per far controllare Alessandra Matteuzzi nei suoi spostamenti. La donna è stata uccisa il 23 agosto 2022 sotto la sua abitazione di via dell’Arcoveggio e nelle settimane precedenti aveva denunciato gli atti persecutori che avrebbe subito dal suo ex. Lo stesso investigatore privato avrebbe contattato la polizia, dopo aver appreso dell’omicidio dalla stampa, per raccontare cosa sarebbe successo nel periodo precedente alla morte di Alessandra Matteuzzi. Il detective avrebbe riferito di alcune richieste “che rasentavano talvolta l’assurdità” da parte del 27enne.
La testimonianza dell’investigatore privato sull’ex di Alessandra Matteuzzi
La testimonianza dell’investigatore privato contattato da Giovanni Padovani mesi prima del delitto di Alessandra Matteuzzi sarebbe agli atti dell’inchiesta. Il 27enne, ex compagno della vittima, è accusato di omicidio aggravato da premeditazione, stalking, futili motivi e legame affettivo e la prima udienza del processo sarebbe fissata per il prossimo 3 maggio davanti alla Corte d’Assise. Il racconto dell’investigatore contattato dall’ex di Alessandra Matteuzzi restituirebbe la fotografia di una vera e propria ossessione: “Fin dall’inizio mi telefonava con grande insistenza, circa 10-15 volte al giorno, anche in orari notturni, pretendendo di avere ragguagli in tempo reale sugli spostamenti della donna“. Padovani, secondo la testimonianza dell’investigatore privato, avrebbe cercato continue “conferme sulle indicazioni che lei gli forniva al telefono“.
Il comportamento ossessivo di Padovani lo avrebbe spinto a interrompere il lavoro dopo appena tre giorni.”Era davvero eccessivo, direi ossessivo – ha raccontato agli inquirenti –, tanto che più di una volta gli ho riferito che le sue richieste non corrispondevano al nostro modo di lavorare. A questi miei richiami Padovani insisteva, talvolta quasi implorandomi di aiutarlo ad escludere i suoi sospetti“. La condotta pressante di Padovani non avrebbe insospettito l’investigatore privato circa la possibilità di un epilogo terribile come quello poi consumatosi il 23 agosto scorso con il brutale omicidio della 56enne, ma gli avrebbe invece fatto ipotizzare che fosse estremamente insicuro. Tra le richieste che il 27enne gli avrebbe fatto, anche quella di fare un video sul posto di lavoro della vittima “all’interno del bagno, così che lui potesse verificare la corrispondenza dei luoghi” con quanto descrittogli dalla compagna.