Alessandro Barbero, professore ordinario di Storia Medievale all’Università del Piemonte Orientale e tra i firmatari dell’appello contro l’obbligo di Green Pass nelle Università, è intervenuto sulle colonne de “Il Corriere della Sera” per fare chiarezza sulla situazione. Innanzitutto, l’esperto ha asserito che, anche se qualcuno tende a presentarlo come una specie di superstizioso fanatico contrario ai vaccini, “nel documento non si parla affatto dell’utilità dei vaccini. Anzi, si dice che molti dei firmatari sono vaccinati, me compreso. Ciò che mi preoccupa è l’obbligo del Green Pass per gli studenti, i quali, dopo aver pagato fior di tasse universitarie, sono esclusi dalle lezioni se non hanno il certificato”.



Il testo contiene un accenno anche al mondo del lavoro in generale, in quanto, secondo Barbero, non si tratta di essere indifferenti alla sicurezza di chi lavora, ma ci sono misure umilianti di cui è impossibile vedere l’utilità: “Penso a quegli operai o poliziotti che non possono mangiare in mensa seduti accanto ai colleghi, con i quali, però, hanno lavorato fianco a fianco fino a un minuto prima. Siamo preoccupati perché la disposizione vigente estende, di fatto, l’obbligo di vaccinazione in forma surrettizia per accedere anche ai diritti fondamentali allo studio e al lavoro, senza che vi sia la piena assunzione di responsabilità da parte del decisore politico”.



ALESSANDRO BARBERO: “ALL’OBBLIGO VACCINALE DIREI DI SÌ, SIA PURE NON SENZA DUBBI”

Nel prosieguo della chiacchierata con i colleghi de “Il Corriere della Sera”, Alessandro Barbero ha evidenziato che il governo ritiene di poter togliere alla gente diritti fondamentali, “neppure civili o politici, ma umani, come quello di accedere a un ospedale o a una lezione universitaria, e considera la cosa irrilevante, tanto da non far sentire una parola per dire almeno che è preoccupato e dispiaciuto di doverlo fare, e senza prendersi la responsabilità di rendere obbligatorio per legge il vaccino, misura con cui io, sia pure non senza dubbi, alla fine sarei d’accordo”.



Il professore ha detto poi che vivere in un Paese in cui non si può salire su un treno o entrare in un ufficio pubblico o andare all’università se non si possiede un pezzo di carta che, però, non è assolutamente obbligatorio, è “surreale e inquietante. Se io vedo che fra i miei studenti c’è preoccupazione e indignazione per l’obbligo del Green Pass per entrare all’università, io ho il dovere morale di esprimere la mia posizione. Tanti colleghi hanno una posizione diversa, compreso il rettore della mia Università, e fanno bene a esprimerla pubblicamente: l’Università è appunto il posto in cui si cerca la verità senza pretendere di averla già in tasca”.