Nato a Roma nel quartiere dell’Eur, Alessandro Borghi ha dovuto affrontare, nell’infanzia ma soprattutto nell’adolescenza, situazioni non semplici: è infatti cresciuto con amici drogati, rapinatori e gente che ha fatto scelte di vita lontane dalle sue. Quello che attualmente è uno degli attori più amati del cinema italiano e internazionale è pronto a tornare su Sky con la serie Diavoli. Qui, recita con l’attore americano Patrick Dempsey. Al Corriere della Sera, l’attore ha ripercorso la sua vita, dalle origini fino al grande palcoscenico del cinema internazionale, che oggi lo vede come uno dei protagonisti indiscussi.



Borghi ha raccontato: “Sono di origini popolari e ne vado fiero. Ma sono cresciuto in un posto dove l’essere umano che avrei voluto diventare era molto lontano da quel contesto. La scelta che ho dovuto fare da molto giovane è stata se far parte di quella roba lì o se guardala da lontano. Quando hai 15 anni e tutti i tuoi amici o si drogano o fanno le rapine e tu decidi di non farlo, ecco, quella è una scelta”.



Alessandro Borghi in Diavoli con Patrick Dempsey: “Sembrava che ci conoscessimo da tempo”

In Diavoli, Alessandro Borghi si è ritrovato a recitare al fianco di un mostro sacro del cinema: Patrick Dempsey. Il loro feeling è stato fin da subito importante. L’americano ha infatti accolto benissimo il giovane collega, trattandolo fin dai primi instanti come un amico: “A Patrick voglio molto bene, mi ha accolto in una maniera non scontata. Ci siamo incontrati alla prima lettura e sembrava ci conoscessimo già da tempo. Questa seconda stagione, poi, è ancora più bella della prima”.



Borghi è noto anche per aver interpretato il ruolo di Stefano Cucchi nel film “Sulla mia pelle”. La sentenza che ha portato alla condanna a 12 anni per i due carabinieri responsabili della sua morte, Alessandro la commenta così: “È una risposta alla lotta che si sta facendo da tanti anni con Ilaria e con una serie di persone che non crede che Stefano fosse un tossico che meritava di morire. Ho due pensieri a riguardo: il primo è che 12 anni sono pochi, il secondo è che ci sono molte persone rimaste impunite e che invece dovrebbero pagare le conseguenze per quello che hanno fatto. Un sacco di persone non si sono occupate di Stefano come avrebbero dovuto, non solo due”.