Molti farebbero carte false per entrare nella mitica Rock ’n’Roll Hall of Fame, museo di Cleveland fondato nel 1983 e dedicato a coloro i quali si sono maggiormente distinti nel mondo della musica. Insomma, uno dei massimi riconoscimenti del settore tanto che gli esclusi, delusi, attaccano la giuria senza mezzi termini come Rob Halford, dei Judas Priest che accusa il Premio di “non dare troppa visibilità all’Heavy Metal.”
Ma la vera notizia è che per la prima volta nella storia del Museo è stato premiato un italiano, Alessandro Cortini, dei Nine Inch Nails, con all’attivo collaborazioni anche con Jovanotti nell’album Safari del 2008 e pure come turnista dal vivo dei Muse.
Nato a Bologna ma cresciuto a Forlì, tastierista, parte dall’Italia per trasferirsi negli States nel 2008, a Los Angeles per studiare musica al prestigioso Musicians Institute di Hollywood.
Si diploma con il massimo dei voti decidendo poi di concentrarsi su tastiere e sintetizzatori, lavorando anche con altre band hard rock e synth wave.
I Joy Division passando per i Depeche Mode, le canzoni di De Gregori ma soprattutto i Beatles e Bryan Eno sono le sue autentiche passioni ed influenzano la sua musica.
La svolta avviene tuttavia quando entra in contatto con i Nine Inch Nails. Era il 1994 ed il gruppo stava cercando un tastierista. “Lessi un volantino e mi presentai all’audizione. Il giorno dopo suonai due brani e mi chiesero di far parte della band”.
Come dicono le cronache dell’epoca, i Nails erano alla ricerca di un profilo “cattivo”, nel suono e come persona. Invece si ritrovarono davanti un ragazzo garbato e ben educato. In pochissimo il frontman della band rimase estasiato dalle sue abilità.
Cosa si prova ad essere affiancati ai mostri sacri del Rock?
Francamente non riesco ancora a capire cosa stia succedendo.
È il primo italiano nella Rock and Roll Hall of Fame, ma, dopo tanti anni all’estero, si sente ancora italiano?
Avevo 22 anni quando sono partito per Los Angeles dove sono rimasto 30 anni. Adesso per lavoro sono a Berlino ma mi sento sia italiano che statunitense.
La cerimonia di premiazione si è tenuta on line. Che effetto le ha fatto?
Le emozioni sono state bellissime nonostante non fossimo in presenza, ma è stato bello comunque. Io poi, con il mio carattere schivo (ride, nda).
Pensa mai di tornare in Italia?
Non a Forlì. È difficile crescere come individuo in quella dimensione a metà tra città e paese e solo andandomene sono riuscito a trovare una mia voce. Non mi dispiacerebbe, un domani, avere un appoggio a Bertinoro (Appennino romagnolo, nda).
(Intervista concessa a r3m.it)