Dall’addio al Movimento 5 Stelle al governo Draghi, Alessandro Di Battista a tutto tondo ai microfoni di Accordi e disaccordi. L’ex parlamentare grillino ha esordito così: «Ho lasciato da poco il Movimento 5 Stelle, non ho ancora preso alcuna decisione. Ora non mi sento rappresentato da nessuno, soprattutto più il M5s prende posizioni democristiane sulla questione isrealo-palestinese o più esponenti del M5s sono a favore di grandi opere inutili. Riconosco una serie di battaglie vinte, ma se oggi dovessi dire se la mia strada può ricongiungersi con quella del Movimento 5 Stelle direi di no».
Alessandro Di Battista si è poi soffermato sul rapporto con Luigi Di Maio: «Io e Luigi ci sentiamo forse più di qualche mese fa, ma c’è distanza politica tra di noi: la svolta iper-atlantista in politica estera non mi trova d’accordo, io non posso accettare in questa fase storica di crisi che l’Ue venga costretta dagli Usa a entrare in guerra contro tutto il mondo: con il mondo islamico, con la Russia, con la Cina… La Guerra di fredda 2.0 tornerà di moda quando sarà finita la campagna vaccinale e servirà per una corsa al riarmo spinta dalle grandi multinazionali americane».
ALESSANDRO DI BATTISTA AD ACCORDI E DISACCORDI
«Io contesto i numeri: nel Conte I, che ha fatto molte cose buone nonostante la Lega, il M5s aveva nove ministri. Nel Conte II aveva dieci ministri, mentre oggi il M5s ha quattro ministri contro i diciannove tra partiti e tecnici. Il Movimento che ha preso maggioranza relativa nel 2018 oggi è minoranza all’interno del Consiglio dei ministri», ha aggiunto Alessandro Di Battista, che sulle riaperture ha chiarito: «Non si può far combaciare la normalità sanitaria con la normalità economica e sociale. Il governo dei migliori è in ritardo clamoroso rispetto al Conte II per quanto riguarda i ristori ed i decreti che servono per spendere i ristori». Infine, Alessandro Di Battista è tornato sul progetto di alleanza tra M5s e Pd: «Io suggerirei a M5s e Pd di unirsi su idee politiche concrete, che oggi non vedo. Non sono un grande sostenitore del bipolarismo, perché il cambiamento è difficile».