L’attore Alessandro Gassmann ha un cognome piuttosto ingombrante, sebbene abbia deciso di far aggiungere una “n”. Il padre è infatti Vittorio Gassman, al quale era molto legato. La decisione di cambiare leggermente il cognome deriva tuttavia dal desiderio di recuperare le sue origini familiari dal momento che il nonno era l’ingegnere tedesco Henrich Gassmann. Il suo nuovo film, “Il silenzio grande”, si basa proprio sul rapporto tra padri e figli, come anticipato su “7” per il Corriere della Sera. Al centro della storia, uno scrittore che vive in casa tra i suoi libri mentre la vita dei suoi cari gli scorre accanto ma senza toccarlo. I figli si sono alleati con la madre contro di lui al fine di vendere la ricca villa avuta in eredità ma che non possono più permettersi.
“I temi sono importanti: i silenzi piccoli e grandi nelle famiglie, il non detto”, ha commentato Alessandro asserendo come questo riguardi anche la sua vita personale. “È il film che mi somiglia di più”, rivela. Parlando del padre Vittorio o ha definito “Ingombrante in modo piacevole, anche non volendo, ma per la qualità del suo talento”.
Alessandro Gassmann ed il rapporto con il padre Vittorio ed il figlio Leo
Alessandro Gassmann nonostante sia molto attivo sui social si dice ancora ‘vecchio stampo’: “ho scoperto Twitter sette anni fa e lo uso per le regole basiche del vivere comune. Per tutto il resto sono un amanuense, scrivo a penna, ho il fax, chiamo al telefono le persone e non lascio messaggi ma richiamo più tardi. Sono molto vecchio per i miei 56 anni!”. Nel descriversi nel ruolo di padre si definisce “come dovrebbe essere un politico con i suoi elettori. Non dico quello che un figlio vuol sentirsi dire e che piace per conquistare, ma quello che serve ed è utile”. Leo però, quasi 23enne e grande studioso lo definisce “un figlio fantastico”.
A differenza del padre Vittorio lui si definisce “molto presente”. La diversità con la sua infanzia è grande: “Intanto con Sabrina sto bene insieme e Leo ha potuto avere molte più sicurezze, mentre io ero un pacco che viaggiava da un padre a una madre. Papà era più spaventoso di me, quando si arrabbiava era terrorizzante, gli bastava lo sguardo silente”, ha confidato. Di suo padre per anni ha creduto che fosse un vero eroe: “ho creduto che fosse lui Brancaleone”, dice. Alessandro ha ricordato il momento più importante come figlio, ovvero quando il padre lo fece lavorare come macchinista teatrale per due anni facendogli comprendere il concetto di stanchezza fisica. Da ragazzo Alessandro Gassmann accompagnò spesso papà Vittorio ai Festival di cinema. Lui però da giovane comprese di non voler fare l’attore per via della sua timidezza. Poi però il destino ha voluto che esattamente come accadde per suo padre lo diventasse anche lui: “Io non volevo al punto che dopo Venezia mi iscrissi ad Agraria a Perugia. Mio padre mi volle a teatro al suo fianco per la seconda edizione di Affabulazione, ed è cominciato tutto”.