OMICIDIO GIULIA TRAMONTANO, VIAGGIO NELL’ORRORE

Uno stratega dell’orrore, la banalità del male: queste sono solo alcune delle espressioni con cui i pm hanno descritto in aula Alessandro Impagnatiello, a processo per l’omicidio di Giulia Tramontano. L’imputato, per il quale hanno chiesto l’ergastolo e un anno e mezzo di isolamento, è un narcisista criminale privo di scrupoli, ma pure “un uomo fragile e misero“. Se per la difesa ha ucciso la fidanzata a coltellate in preda a un raptus perché erano stati scoperti i suoi tradimenti e poi ha commesso degli errori per farsi scoprire, in quanto schiacciato dai sensi di colpa, per l’accusa è tenuto in scacco da una “triade oscura“, cioè psicopatia, narcisismo e machiavellismo.



Questa è, come evidenziato dalla pubblica accusa nella requisitoria, la chiave per poter comprendere il “viaggio nell’orrore“. Fanno leva su quanto sottolineato dagli psichiatri, secondo cui non sopportava, da narcisista quale è, di essere sbugiardato e poi umiliato davanti ai colleghi del bar dove lavorava pure la sua amante, così come non sopportava che ciò avvenisse con la sua famiglia e quella della fidanzata. Per quanto riguarda la sua confessione, è arrivata solo quando si è sentito con le spalle al muro per via delle prove raccolte.



ALESSANDRO IMPAGNATIELLO, DALLA PREMEDITAZIONE ALL’ASSENZA DI ATTENUANTI

Non essendoci dubbi sulla responsabilità dell’omicidio di Giulia Tramontano, per Alessandro Impagnatiello la differenza può essere fatta solo da come i fatti verranno valutati dai giudici. Ad esempio, per l’accusa c’è premeditazione: l’uomo ha deciso di uccidere la fidanzata da quando ha scoperto che era incinta, quindi dal dicembre di due anni fa, infatti per mesi l’ha avvelenata.

L’idea era di far morire lentamente la compagna, ma quando scopre che ha un amante, Impagnatiello ha dovuto cambiare il suo piano e ucciderla subito. Quindi, l’accusa contesta la tesi del raptus, ma parla di una decisione lucida in cui la rabbia, comunque fredda, subentra quando la donna torna a casa. C’è poi la messinscena della fuga e la finta disperazione.



L’omicidio per le pm dimostra che un delitto efferato può essere commesso anche quando si è lucidi e capaci di intendere e volere, perché “l’essere umano è capace di fare cose drammatiche per crudeltà“. Infatti, parlano di una “banalità del male” che non lascia attenuanti a Impagnatiello.